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i - giornata villereccia 215


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Fermasi ognuno a riguardar la zuffa,
né bocca v’è che non esclami e rida.
L’asino ed il garzon si torce e sbuffa,
e si fa calda la piace voi sfida.
L’un sconcia i ricci, e l’altro il pelo arruffa;
l’asino raglia, e il cavaliero grida;
questi star sodo, e quel gittar pretende:
Marte è dubbioso, e la vittoria pende.
29
Ma come quercia, onor del bosco ombroso,
se scure assalga le radici immote,
ai numerosi colpi il tronco annoso
trema da prima, e l’alta cima scuote;
poi dopo lungo vacillar dubbioso
alfín ruina, e il duro suol percuote;
la cupa valle, il vicin colle e il piano
ai gridi echeggian dello stuol villano;
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tal, non reggendo all’impeto ohe il caccia,
usata Mopso invan l’estrema possa,
d’animo cadde, e impallidito in faccia
all’urto cesse alfin di fiera scossa.
Con gambe alzate e con aperte braccia,
nell’estremo periglio il capo e l’ossa
raccomandando a qualche amica stella,
«non scese no, precipitò di sella».
31
Cadde, e sul duro polveroso piano
lo stampo impresse della sua caduta.
Un lieto grido all’accidente strano
alzò la turba de’ compagni arguta.
L’asino anch’esso, a cui con pronta mano
tolse il satiro allor la punta acuta,
il muso torse di pietade acceso,
e guardò fiso il cavalier disteso.