Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/354

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quelli, che facevano al pari di me la parte di ascoltatori, veniva un grande prurito di sbadigliare, peusai di levarmi a rispondere, ribattendo quel tanto che fino allora era stato allegato in favore della lingua. Voi sapete, lettori miei cari, che non ci ha miglior modo del contraddire a rendere importante una quistione, e quindi non vi farà maraviglia il sapere che quelle bocche mezzo aperte allo sbadiglio si chiusero, e presso che tutte le facce si posero in attitudine di ascoltare.

Dono bellissimo, io dissi (volendo alcun poco sofisticare), gli è quello della favella: ma forse che non ci abbiano modi, più effettivi ancora che non è la favella, di esprimere gl’interni sentimenti dell’anima? Quanti giorni sono passati da che Autonietta Pallerini sapeva senza aprir bocca narrarci la storia delle sue pene; non che le presenti, quelle ancora che la memoria del passato le risuscitava nell’anima afflitta, o che il timore le dipingeva come facilmente possibili nell’avvenire? C’è forza di parole bastante ad esprimere l’amorosa impetuosità con che si getta al collo del consorte, mentre le mancano sotto i ginocchi per la mortale angoscia della ferita? E le smanie gelose che la fanno nell’ultime agonie disperata? E l’inutile, benchè ripetuto, sforzo del piede, che non può più sorreggerla a rilevarsi? Non era in somma eloquenza impossibile ad essere ricopiata dalle parole quella dei