Questa pagina è stata trascritta ma deve essere formattata o controllata. |
PREFAZIONE.
Non può essere che assai imperfetta e superficiale l’idea,
che ora è lecito farsi della grandezza e moltiplicità delle sensazioni
provate da quei coloni, che primi vennero ad abitare
la valle ladina. Qui rupi altissime, cinte quasi sempre di nubi,
là vaste boscaglie, covile di belve feroci, ed appiè delle estese
foreste ridenti prati ammantati del piti bel verde e percorse
con festoso mormorio da limpidi ruscelli. Ed ogni tanto fra
quelle rupi un largo torrente, che precipitandosi con sordo
muggito dalle regioni celesti giù per i nudi scogli forma di
quando in quando mirabili ed importanti cascate, ove l’acqua
spumeggiante frangendosi fra quei nudi macigni si riversa in
vasti sprazzi sotto forma di fumo sui massi circonvicini, finche
raccoltasi poi di nuovo nel sassoso letto va a rallentare il suo
precipitoso corso nella tranquilla valle sottoposta. Spesso dense
e nere nubi, fra cui guizzano sinistri lampi e donde con orribile
fragore si scagliano le folgori abbondanti sui vetusti altissimi
abeti fracassandone il fusto in mille scheggie, coprono
improvvisamente quel cielo rinserrato fra le immense giogaie
di monti, venti gagliardi si precipitano con furioso furore sulla
contrada abbattendo alberi e quanto vuol impedir loro il libero
passaggio e rovinando i seminati, ne rara la gragnuola copre
d’un bianco strato le ridenti campagne. Però questo orribile
fenomeno non dura che un breve tratto di tempo: ben presto
le nubi calmata la loro rabbia si dileguano e vanno pian piano
sparendo, l’arcobaleno apparendo con tutta la sua magnificenza
di bel nuovo ridona alla natura spaventata la pace, di cui entra
mallevadore il cielo ceruleo.