Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/165

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è del rimanente che in questo scorcio della sua carriera militare trovatosi a fronte di un generale che non sapeva perder battaglie, non poté Galasso, o non seppe far prova di quella avvedutezza e di quell’ardimento che più volte (a Nordlingen singolarmente) forzato avevano la vittoria a non disertare le bandiere degli imperiali. E neppure va taciuto che il crescergli degli anni e delle infermità gli avevano a quel tempo stremate le forze, e che vittima era egli pur sempre dell’incuria dei ministri imperiali, e degli odii nazionali di alcuni tra i suoi dipendenti.

Ma rifacendoci più addietro, ripiglieremo il discorso delle pratiche che ebbero luogo per il ritorno di Raimondo a Modena. In una lunga lettera che a lui scriveva il Bolognesi, nella quale davagli conto della condizione delle cose in Italia, leggiamo che “le istanze del duca non possono essere maggiori, perché antivede che contro di Lei sono per isgorgar macchine, come quella che è vivamente portata nel servizio austriaco”. E diceva perduta dal duca la speranza di ottener soccorsi dagli spagnuoli, ond’è che confidasse in una buona leva di truppe che Raimondo stesso giungesse a fare in Germania . L’imperatore per altro, accordando il suo consenso alla partenza di lui, aveva posto a condizione che non potesse aver luogo se non dopo tre mesi; e non si trovavano neppure i soldati che l’imperatore stesso conceduto aveva che passassero al servigio del duca. Si proposero da prima i reggimenti Gild e Hass; poi gente che era in Boemia: ma nulla si concluse, né la dimanda fu accolta che seguir si facesse Raimondo in Italia dal proprio reggimento. Così passando il tempo, né potendo più cotali soccorsi arrivare a stagione opportuna, si contentò il duca di qualche migliaio d’uomini arrolati qua e colà, e che effettivamente furono o condotti, o fatti venire in Italia, dal Montecuccoli, posciaché ebbe egli per allora coronate le sue imprese germaniche colla presa di Troppa (Troppau) colla gente comandata, com’è detto nel suo Memoriale. La perdita