Quanto duolo affligge e preme
Il tuo caro genitor!
Senza te, sua dolce speme,
È un prodigio se non muor.
Chi dal fascio lo solleva
De gli affanni, e de l’età?
La mia Fillide, ei diceva,
Queste ciglia chiuderà:
Poscia in aria taciturna,
Ed in bruno gonnellin
Verrà a spargermi su l’urna
Qualche fresco gelsomin.
Ahi! lo veggio, benché lasso,
Benché molle di sudor,
Affrettare il tardo passo,
E chiamarti a nome ognor.
Del ruscello su le sponde
Corre in prima: al bosco va:
Chiama Fille, e non risponde
Fuor che un antro per pietà.