Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/95

Da Wikisource.

lettere di fra paolo sarpi. 35

superiori alle loro speranze; ma la munificenza della Serenità Vostra verso di me ha sorpassato quanto mai avessi potuto desiderare. Io non ho aspirato più oltre che ad essere onorato col titolo di servitore della S. V., ed Ella non solo mi concedette questa grazia, ma in appresso vi aggiunse moltissimi doni e aumenti ancora due volte in poco tempo; e finalmente, per cumulo de’ suoi benefizi, si è compiaciuta di condiscendere a credere ch’io vivo contento delle grazie fattemi. Del qual favore, riputandolo io il maggiore che conseguire potessi al presente, ne rendo con tutto lo spirito quelle riverenti ed affettuose grazie che posso. Dovranno esser queste un testimonio al mondo di quello ch’è verissimo; cioè che servo per mio debito, con religione e coscienza, e non per alcuna mondana speranza. Ma quanto si aspetta alle lodi colle quali piaciuto l’è di onorare la mia umilissima persona, non riconoscendo in me alcuna pregevole qualità che le meriti, le ricevo per avvertimento di quello che dovrei essere e per ammonizione di quanto dovrò fare; laonde cercherò di formarmi secondo il modello esposto dalla S. V. in forma di lodi, per riuscire servitore non inutile a quest’Augusta Repubblica ed all’Eccellenze Vostre.1




    sovvenimento provedere maggiormente alla sicurezza della vita sua.„
    N. B. A questa deliberazione intervennero i sei Consiglieri del Doge, due fra i Capi delle Quarantíe, i Savi del Consiglio e quelli di Terraferma.

  1. Risulta da questa Lettera, che il Sarpi non accettò l’accrescimento dello stipendio che per lui erasi decretato.