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122 La Conquista di Roma

quel sacro colle, dove essi avevano combattuto per la redenzione della patria, dove i loro compagni d’arme erano caduti col volto sfigurato, o col petto spezzato dalle palle dei cacciatori di Vincennes. Ogni tanto, fra di loro, mormoravano una frase, si rammentavano un fatto, col capo chino, con le mani appoggiate sul pomo del bastone.

«Nella notte si sentivano i Francesi chiacchierare allegramente sotto le loro tende...»

«Ve lo rammentate voi il moro di Garibaldi che morì con una spalla fracassata da una scheggia di bomba francese?..»

«Com’era bello il colonnello Manara...»

«Bello e valoroso...»

Il giovinotto finiva con un’apostrofe ai sette colli di Roma, infarcita di storia romana. I suoi compagni, gli studenti, si affollarono più strettamente intorno alla carrozza da nolo, applaudendo, stringendogli la mano, acclamandolo. Ed egli si curvava, tutto amabile, sorridendo, prodigando le strette di mano, interrompendole per passarsi sulla fronte bianca una pezzuola di batista, dal largo orlo nero, profumata di fieno. Gli operai e i popolani restavano poco convinti, niente scossi,