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136 storia di due anime


— Non ti potrei salvare, io, non potrei?

— Tu? — disse lei, con accento singolare.

— Io, sì, io! Dimmi se posso, dimmelo, purchè io non ti sappia... così... purchè io non ti vegga... in questo stato.

— Tu non puoi fare niente — ella rispose, con una tetraggine cupa. — Niente.

— Ma perchè?

— Perchè è troppo tardi.

— Troppo tardi?

— È troppo tardi — ella concluse, aprendole braccia, con un gesto desolato, non volendo soggiungere altro.

Pure, vi era tanta espressione di rammarico inconsolabile, di un lungo rimpianto antico, senza conforto, tanta evocazione di un passato che era stato dolce e che avrebbe potuto essere felice, che egli, ottuso, sordo e cieco, intese il rimprovero, ma senza approfondirne la essenza disperata. Girò lo sguardo intorno, vagamente, come a raccogliere le sue idee, i suoi sentimenti, i suoi ricordi: ma preso dal suo dolore personale, ancora più veemente, perchè non espresso, non trovò nulla da soggiungere. Ella fece un atto lieve, di disdegno pietoso, con le labbra, innanzi a quella sordità, a quella cecità e riprese, lentamente, parlando in sogno, come un tempo:

— Solo Dio... solo la Madonna... possono fare qualche cosa, per me...

— Ma tu li preghi? Tu preghi, ancora? — chiese lui, con ansia ingenua.