Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. I, 1972 – BEIC 1924037.djvu/316

Da Wikisource.

LXXII


L>o preposto e la brigata avendo udito la novella di Dante, li stormenti cominciarono a sonare; e le danze prese, danzarono con tanto piacere che l’affanno sostenuto del caminare niente si ricordavano; e tal danze fenno più ore, tanto che i confetti e’ grechi funno aparecchiati. E rinfrescatosi tutti, lo preposto a l’altore si rivolse comandandoli che una novella dica fine che’ cantarelli d’una canzonetta vorranno le donzelle far liete. L’altore, che presto era a ubidire, disse: «Dicano, et io poi dirò la mia novella». Li cantarelli disseno:

«Canzone, a chi non sa vivere andrai,
dicendo: Io son colei
che do di buona vita altrui la via
e ’nsegno per vertù qui fugir guai
e’ vizii uccider rei
a chi seguir vuol la dotrina mia.
Io son colei che mostro la follia
su’ a colui che ’l mondo tiene a bada:
di paradiso ancor mostro la strada».

L’altore poi disse: