Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. I, 1972 – BEIC 1924037.djvu/317

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novella lxxii



DE JUSTA RESPONSIONE

Come lo re di Napoli volse provare di veder lo senno
di Dante da Firenze in più modi.


C>ome innell’altra novella avete udito, come i’ re Uberto di Napoli per desiderio di vedere Dante e per sentire quant’era il suo senno in corte l’avea fatto venire; et essendosi acorto che lui era savio, lo volse provare come era forte a sostenere le ingiurie; e pensò farlo adirare per mezzo de’ suoi buffoni. E fattone dinanti da sé venire vi, comandò loro che a Dante dessero tanta noia di parole che lui s’adiri; non però volea che dicessero né facessero cosa da dispiacere, salvo che con parole per modo di motti lo tastassero. Li buffoni (perch’e’ naturalmente hanno alcuna ritentiva et astuzia) pensonno con alcuni motti fare adirare Dante, e simile pensarono la sua scienzia vilipendere con uno onesto modo.

E fatto loro pensieri, ciascuno de’ ditti buffoni di bellissime robbe si vestirò et in presenzia de’ re e di Dante se ne vennero. Lo re, che sa quello che coloro han diliberato, prendendo Dante per mano, e per la sala l’andava menando domandandolo or d’una cosa or d’un’altra, tanto che i buffoni, acostatosi a’ re disseno: «Santa corona, noi ci meravigliamo che voi così di segreto state con cotesto prelato, il quale ci pare che debbia essere da poco». Lo re disse: «Come, non cognoscete voi costui, che è il più savio omo d’Italia?» Li buffoni dissero; «Come è quello dite? È costui Salamone?» Rispuose il re: «Egli è Dante!» «Tò, togli!», disse uno delli buffoni, «Fa’ buot’a Dio, che mi pare innell’aspetto di que’ brodolasti da Firenze, e non so se elli è tanto savio che sapesse l’Amo rivolgere in su acciò che de’ pesciulini se ne prendesse a Montemurlo».

E mentre che quello buffone dicea, l’altro prese la parola dicendo: «Santa corona, io vorrei sapere da Dante, se lui è così savio che si tiene, che mi dica perché la gallina nera fae l’uovo bianco». Disse il terzo buffone: «Come hai ditto bene, compagno mio! ché se Dante serà quel savio che lui medesmo si tiene, diffinita la tua quistione, mi converrà dire per che cagione l’acino,