Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/121

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   96 libro secondo

nistri del Correttore il Principe degli Uffizii, il Corniculario, il Tabulario, il Commentariense, l’Adjutore, gli Attuarii, gli Eccettori, ed i Coortalini. Durante l’impero di Costantino furono Correttori della Lucania e dei Bruttii: Claudio Ploziano, Michilio Ilariano, Ottaviano, ed Alpino Magno. E poi sotto Valentiniano I e Valente abbiamo notizia che furono Correttori della stessa provincia: Artemio, Quinto Aurelio Simmaco, Zenodoto, Fannio Vittorino, e Rullo Festo.

VIII. Cade qui a taglio dire alcun che de’ tributi che i Lucani ed i Bruttii pagavano a’ Romani. Sotto l’impero sin presso a’ tempi di Teodorico, le provincie pagavano i tributi non in danaro, ma in ispecie: e ciascuna provincia prestava quella specie, della quale più abbondasse. Così la Lucania ed i Bruttii, dove il vino era eccellente, ed entrava innanzi a qualunque altra derrata, pagavano in vino il tributo. Ma come il trasporto in Roma di questa specie di prodotto era fuor di maniera malagevole e dispendioso, ottenne questa provincia, per rescritto di Valentiniano I e Valente (An. di Cr. 367), di prestare in vece di vino l’equivalente in carne; la quale per l’appropriata qualità de’ pascoli era di un sapore squisito presso la Lucania ed i Bruttii. Il tributo de’ Lucani era in tanta carne di porco, quella de’ Bruttii in cotanta di pecora. E fu statuito che ogni anfora di ottanta libbre di vino dovesse tornare in settanta di carne. Di quante anfore poi fosse il tributo, questo ignoriamo.

I Reggini però pagavano la loro quota del tributo in lardo ed in frumento. Questa prestazione della specie venne poi convertita in quella di danaro a’ tempi che Cassiodoro fu preposto alla Correttura della Lucania e de’ Bruttii: di che diremo al suo luogo.

IX. Continuando in tanta caliginosa età a mettere insieme i monchi membretti della nostra storia, troviamo che violenti tremuoli scuotevano Reggio nel secondo anno dell’impero di Valentiniano I e Valente (An. di Cr. 365); che nel secondo anno di Massimo (An. di Cr. 385) San Girolamo, uscendo di Roma, e traversando la Lucania ed i Bruttii, recavasi a Reggio, e di quivi in Oriente.

Nel lungo periodo della decadenza e rovina del romano impero, queste nostre contrade erano cadute in una immobilità quasi di morte. Perduto ogni cosa, sino il nome, non conservavano forse che un’oscura memoria delle antiche prosperità. Cominciò solo a ridestarsi questa massa di esseri vitali, quando i Goti e gli altri Barbari, a modo di avoltoi gittatisi al fiuto dell’immenso cadavere dell’impero romano, ruppero la barriera delle Alpi, e si rovesciarono giù. Si ridestò, è vero, la nostra gente, ma per sentire il pesante calpestio dello straniero, che correva per sua, e desolava l’Italia.