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CAPO QUINTO
(Dall’anno 385 al 550)
I. L’Impero, per la morte di Teodosio (An. di Cr. 395) scadde nei due suoi figliuoli Arcadio ed Onorio; quello di Oriente al primo, all’altro quello di Occidente. Erano loro consiglieri per disposizione paterna, Ruffino di Arcadio, Stilicone di Onorio. Ma la cupidigia d’impero sturbava le notti a Stilicone, che non sapeva acquetarsi all’ubbidienza di un giovine inesperto; dove poteva, se il volesse, non esser secondo ad alcuno. E promettendo buon frutto al suo desiderio, sollecitò i Goti, popoli della Pannonia, dond’egli traeva la sua origine, a calare in Italia, e fargli ajuto all’impresa. Era allora re de’ Goti Alarico, il quale se di buona cera abbia accolto l’invito di Stilicone, niuno il chieda. Si riversarono i Goti in Italia come torrente impetuoso; fu da loro saccheggiata ed arsa Roma; corsa, depredata e guasta l’Italia, quant’è lunga dal Tevere agli ultimi Bruttii. Nè Alarico fece sosta che in Reggio, contro cui si pose ad oste, e l’ottenne. Dopo di che ripiegatosi alla Colonna Reggina, quivi si apprestava a trapassare in Sicilia (An. di Cr. 410), ma nol volle, o noi potè; sia che trovasse impedimento dal mare orribilmente fortunoso, sia che fosse vinto di superstiziosa paura, alla vista d’una statua ch’ivi sorgeva atteggiata a minaccia, come per vietargli il tragitto. Certa cosa è che Alarico non si fece più avanti; chè anzi riguadagnando senza dilazione le ispide selve de’ Bruttìi, mise gli alloggiamenti in Cosenza. Ma ivi, soprappreso da repentina morte, ebbe a tomba il Bussento. Dopo la qual cosa i Goti, disanimatisi, quali rivarcarono le Alpi, quali furono perseguitati e morti, tustochè Onorio, rivenuto dallo spavento della gotica invasione, ri-
Spanò Bolani — I. | 7 |