Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/240

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capo secondo 215   

Lodovico d’Angiò, figliuolo di Lodovico II, sul reame di Napoli. Così in queste misere regioni si raccendevano le ire de’ partiti angioino e durazzesco, e divampavano più vive le fiamme della civil guerra.

Lodovico III d’Angiò, stuzzicato dal pontefice, allestì parte in Provenza e parte in Genova un’armata di nove galere, e di cinque bastimenti da carico, e presentossi a vista di Napoli il quindici agosto del 1420. Ma Antonio Carafa, soprannomato Malizia, che la corte di Napoli aveva inviato oratore a Martino, sapendo che Alfonso d’Aragona re di Sicilia teneva in questi tempi apparecchiata un’armata contro la Corsica, e che il papa, per deferenza a’ Genovesi, gli contrastava l’andata, si rivolse per ajuto al suddetto re. Il quale, risolutosi di accettar l’impresa, fu dalla regina Giovanna adottato, messo in possesso del Ducato di Calabria, ed opposto come suo successore al Duca d’Angiò.

IV. Alfonso fece il suo ingresso in Napoli a dì sette luglio del 1421; mentre Lodovico d’Angiò si accampava fuori della città. Le genti ed i capitani de’ due emuli re s’incontrarono in quelle vicinanze, ma la guerra non partorì gravi risultati, e Lodovico III stancatosi finalmente si partì dal Regno per Roma. Allora Alfonso rimase padrone dello Stato, e tutte le città del Regno si affrettarono a riconoscerlo in re. L’università di Reggio mandò al nuovo Duca di Calabria i suoi Sindaci Galgano Filocamo, ed Ambrosio Geria per ottener la conferma de’ privilegi della città. Alfonso, porgendosi amorevole alle istanze de’ Reggini, concesse:

1.° Che la città non pagasse più tre, ma solo due collette generali, affinchè potessero i cittadini riparare al continuo le mura ed altre fortezze opportune alla loro miglior difesa. Poichè Reggio era allora caduta in estrema desolazione, e quasi al tutto andavano in ruina i suoi privati e pubblici edifizii.

2.° Che i Reggini potessero estrarre dalla Sicilia animali ed ogni altra mercanzia, e che circa il pagamento delle gabelle fossero trattati come i cittadini di Messina.

3.° Che non potessero esser costretti a servire nè nell’armata nè nell’esercito, qualora non volessero andarvi volontariamente.

4.° Che a’ Giudei stabiliti in Reggio (avuta considerazione che la Giudeca era venuta quasi al niente) fosse rimessa metà delle once due e tareni sedici che solevano pagare per diritto di marcafa (jus marcafae, o mancafae, o mancefae).

5.° Che uno de’ Giudici della città fosse Giuseppe Macazeni, secondo il desiderio de’ Reggini.