Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/91

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   66 libro secondo


V. Annibale, a cui sin dalla puerizia era stato messo in cuore un odio invincibile contro i Romani, fattosi adulto non vedeva l’ora di azzuffarsi con loro, per vendicare in Italia le sconfitte toccate in Sicilia a’ suoi compatrioti. Calato dalle Alpi, percoteva al Ticino nelle legioni romane condotte dal console Publio Scipione, e ne conseguiva compiuta vittoria (An. di R. 536, av. Cr. 218). E mentre così si maneggiavano da quella banda le cose della guerra, un’armata cartaginese di venti quinqueremi con un migliajo di uomini infestava le coste della Sicilia e dell’Italia. Ma contro di quelle furono ordinate dodici navi da Gerone re di Siracusa, che dimorava allora colla sua armata in Messana, ove doveva congiungersi colla romana, che condotta dal console Tito Sempronio navigava a quella volta. Tre legni cartaginesi discosti dalle altre navi furono facilmente presi e condotti nel porto di Messana. Si raccolse allora dai prigionieri, che, oltre di quelle venti, altre trentacinque quinqueremi nemiche erano dirette per la Sicilia a risuscitarvi gli antichi umori; e che avevano in principal disegno di posare presso Lilibeo, ed accingersi all’oppugnazione di questa forte città. A questa notizia Lilibeo fu a tutta prescia munita ed approvigionata con ogni maggior diligenza. Intanto giungeva in Messana il console Sempronio coll’armata romana. In Reggio il romano presidio fu accresciuto di nuove forze, e la città messa ad ordine di valida difesa. Il console fece furia di riscontrarsi nell’armata cartaginese, che corseggiava il litorale d’Italia, e seppe che i nemici avevano già preso terra, e dato il guasto a Vibona.

Lettere del Senato in questo tratto sollecitavano il console a condursi in ajuto del suo collega, che era impegnato con le armi di Annibale. Tra queste cure Sempronio, fatto rimontare, come potè il più, i soldati sulle navi, e speditili verso Rimini, affidò al legato Sesto Pomponio venticinque triremi per proteggere le marine italiche, ed al pretore Marco Emilio un’armata di cinquanta navi per tutela della Sicilia.

VI. Annibale in questo mentre, procedendo di vittoria in vittoria, rompeva le legioni romane alla Trebbia ed al Trasimeno (An. di R. 538, av. Cr. 216). Ma la giornata di Canne, ove più che cinquantamila Romani caddero morti sul campo, mentre pose Roma in somma costernazione, sollevò il capitano cartaginese ad una fortuna che non aveva sperato. Della qual battaglia furono così fatti gli effetti che le città socie di Roma, forte dubitando della stabilità della Repubblica, rupper fede a’ Romani, ed a mano a mano sdrucciolarono alla parte di Annibale: e fra esse fu Capua.