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Sentiva dentro, nel cervello, come due punte acute, gli occhi azzurri, limpidi, penetranti del suo padre adottivo.

Allora le parve che la sua personalità si sdoppiasse e che una parte di sè, quasi estranea all’altra, fredda e sarcastica, le suggerisse: — Digli che vai a richiamare il fidanzato di sua figlia, perchè non gli muoia.

Rabbrividì.

— Emma! esclamò lui tutto a un tratto, come riscuotendosi — dimmi che tu almeno sei felice ancora!...

Nel cuore della fanciulla sorse impetuoso un desiderio violento di buttarsi ai piedi di quell’uomo e dirgli tutto.

Invece rispose pacatamente:

— Come vuoi che io sia felice se vedo tutti piangere intorno a me? Sarei un’egoista.

Egli ebbe un tetro sorriso.

— Io non piango — disse.

— No. Ma sei forse il più disperato. Io ti leggo nell’anima.

— Chi sa. Io sono un debole, Emma. Intorno a me si piange, si muore, e io non faccio nulla; non aiuto nessuno. Mi diletto di musica e di filosofia.

Questa volta essa ribattè con piena sincerità:

— Non è vero. Non è colpa tua se le disgrazie ti perseguitano.