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non con maggiore simpatia; poichè egli sentiva in quel momento una particolare simpatia, una vera amicizia per quella sventurata. Era attirato verso di lei; la trovava più bella che mai, e gli pareva che una misteriosa affinità avvicinasse i loro caratteri, i loro destini. Una strana contraddizione dell’animo retto con le vertigini della fantasia e gl’impeti della passione, era in tutti e due, certo. Nè che ella avesse un animo retto, nobile e altero, Celanzi poteva dubitare. Senza di ciò non avrebbe rifiutato di sposarlo, lui, ricco, lui, che, per le circostanze eccezionali in cui si trovava di fronte ai Mandelli, non le avrebbe mosso rimprovero di nulla. L’ultima àncora di salvezza, essa l’aveva rifiutata; e per non recare danno ad alcuno con la sua presenza, se ne era andata, fuggendo da una casa signorile, il cui padrone quasi l’adorava ed era pronto a tutto per lei. E si era ridotta a fare la povera, la zingara; ad essere disprezzata dalla grande maggioranza che stima le persone secondo il posto che occupano, non per il valore che hanno.

La paragonava alle altre donne che egli aveva conosciute: a Cleofe specialmente; all’Annetta. Che cosa erano di fronte a lei? Vane pupattole, volgari, senz’anima. Ella aveva l’ingegno, il cuore di una creatura distinta. Eppure, tale essendo, aveva amato un Brussieri, e gli si era abbandonata, e lo amava ancora!

Strano. Incredibile. Quale vertigine l’aveva trasci-