cellente, a vista di mare. Ma, che volete? La non era finita.
Le case sembrava che mi facessero il solino1; il pavimento
si sarebbe detto di guttaperca, sfondandosi e come ondeggiando
ad ogni passo; la camera ballava vorticosa; e quando mi buttai
sul letto, anch’esso andava su e giù, sicchè mi pareva di trovarmi
ancora nella mia cabina. Ma a poco a poco cessò anche
questa stregoneria, e, dopo una buona dormitina, di quelle che
si fanno in un buon letto, sulla terraferma, trovai che tutto era
saldo; potei mangiare, uscire a passeggio, ammirare la bella
Livorno, visitare il Cisternone2, e sopratutto deliziarmi contemplando
dall’Ardenza3, un mare che delle ire della notturna
tempesta, ricorda solo quel tanto che basti a togliergli l’uggia
della calma; un mare tutto di zaffiro, a screzî di diamanti; un
mare che si agita, con palpito immenso, sotto un limpidissimo
cielo, ove il sole dardeggia di nuovo in tutta la sua possanza,
e inargenta le schiume, rotolanti sulle arene, quasi cordone
interminabile di soffice bambagia, e converte in gemme di sale
gl’infiniti spruzzi, onde sono roridi dalla tempesta i fioriti cespugli,
e le verdi siepi, di quegli incantevoli viali. Il dì seguente
partii per Firenze co’ miei compagni di viaggio».
- ↑ Il barbaglio prodotto dal riverberare de’ raggi del sole sull’acqua, sugli specchi, su ogni cosa che lustri molto e si mova. Ha nel popolo e negli scritti di molti nomi: occhibagliolo, sguizzasole, illuminello, colombina, indovinello, lucciola, ecc. Peccato che la voce solino lo confonda con quella parte della camicia che cinge il collo. A Milano gli danno un nome, secondo il solito, molto poetico; lo chiamano la gibigiana.
- ↑ È un gran serbatojo d’acqua potabile, nel mezzo della città.
- ↑ Magnifico passeggio, anzi pubblico giardino, fuori della città, lungo il mare.