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una gran conserva di neve per tutta la Sicilia, per Malta e per una parte del continente. Nessuno ignora in fatti che in Sicilia e a Napoli si fa un consumo enorme di sorbetti, molto a miglior mercato che da noi. Quanto alla Sicilia so di certo che la neve dell’Etna provvede alla loro fabbricazione. Ma quella è neve che si raccoglie in certi luoghi ombrosi e depressi, per effetto, ritengo, di valanghe invernali, e la sua conservazione durante l’estate è, più che altro, artificiale. Gli interessati in questo ramo attivissimo di commercio locale hanno ben appreso a proteggerla dai raggi del sole, coprendola di sabbia, di paglia, insomma di sostanze coibenti. Il concetto delle nevi eterne include ben altra cosa. Noi diciamo coperte di nevi eterne quelle montagne sulle quali, nel luogo stesso dove cade, la neve non può essere interamente disciolta dal caldo estivo. I residui, d’anno in anno accumulati, fabbricano a quelle montagne il mantello di nevi che noi diciamo perpetue, e che si ingrosserebbe senza misura, qualora esse da sè, non si scaricassero colando verso il basso convertite in ghiacciajo. Se vi fossero nevi eterne sull’Etna, vi sarebbero anche ghiacciai e in commercio si vedrebbe del ghiaccio, non della neve schietta, appena un po’ granulosa, come è quella che io vidi usarsi da per tutto. Mi ricordo del resto che il prof. Aradas di Catania, nel discorso che tenne allora come presidente al Congresso dei naturalisti, chiamò quasi eterne le nevi dell’Etna. Dirò di più: le nevi dell’Etna, anche conservate artificialmente sono così lungi dal meritare l’epiteto di eterne, che in certi anni vengono anch’esse a mancare.

2. » Mi ricordo in proposito di un fatto curioso e istruttivo narrato dal Lyell. Nel 1828 l’estate fu si calda in Sicilia, che tutte le conserve di neve erano esaurite. In quel clima subtropicale la neve è una materia non di lusso ma di vera necessità, e non v’ha cosa che i Siciliani avrebbero lasciato intentata per procurarsene. Il signor Gemellaro ricordossi allora di una piccola massa di ghiaccio ch’egli aveva visto spuntare dalle lave, a piè del cono più elevato. Fatte le debite indagini, potè assicurarsi che esisteva in quel luogo uno strato di ghiaccio il quale s’insinuava sotto le lave per parecchie centinaja di metri».

«Come è possibile?» sclamarono i miei uditori. «Una massa di ghiaccio sotto la lava....!!»

«Appunto. Le lave avevano conservato quel ghiaccio che altrimenti, esposto al calore del sole, si sarebbe sciupato».

«Questa mo’ non ce la pigliamo», volle dire, crollando il capo,