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CAPO XVI. 309

latori dalle colonie arcadiche condottevi da quelli diciassette generazioni avanti la guerra troiana, siccome narravano i mitografi1, non giova più dimostrarne le false voci in tanta luce di scienza critica. E se gli scrittori latini ripetono sino a sazietà queste fole, non perciò son elleno meno favolose ed antistoriche. Pure non senza fondamento di vero parlavasi della venuta di genti stranie in questa parte dell’Italia fino da’ più remoti tempi: e tanto la divolgata leggenda, che Nicandro da Pergamo2 debbe aver tolta da scrittore antico, la qual portava esser Peucezio con Dauno e Iapige passati a’ nostri lidi con moltitudine d’Illirici, quanto il supposto transito d’altri Illirj con Idomeneo ne’ Sallentini, mostrano senza fallo che sotto forma mitologica s’era diffusa e conservata la memoria d’un lontano passaggio di genti illiriche in queste spiagge. Eran dessi, come già dicemmo, principalmente Liburni, che scorrevano per le marine, e messe in volta le popolazioni indigene si stanziavano per la forza in qualunque luogo trovassero comodo riparo3. Che talune generazioni d’Illirici, o d’altri venturieri di vario nome quivi capitati di più lontano, dimorassero oltre il Piceno anche per la riviera della Puglia sino al Capo de’ Sallentini, si è per noi mostrato con bastanti prove: e tuttavia possiamo confermarlo col

  1. Nicander ap. Anton. Liber. 31.; Dionys. i. 11; Strabo ix. p. 279.
  2. Ap. Anton. Lib. l. c.
  3. Vedi p. 173.