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CAPO XXII. 129

magine di Giunone Curiti, e in Etruria a Faleria1; belligero atteggiamento che diede motivo di porle quivi il soprannome di Argiva2 per la sua somiglianza all’idolo venerato in Argo. Nè questa gran dea era meno santamente venerata a Gabio3, Aricia, Laurento, Tivoli e Preneste4, che ne’ Rutuli vicini5 Minerva presedeva di suo pieno diritto alla guerra. Così Marte, vigilante mantenitore di tutti, ebbe appresso i Latini un mese intero a lui consacrato6.

Può tuttavia destare maraviglia che il nome di Apollo, quel grande iddio tutelare dei Greci, non si ritrovi mai mentovato nella più antica mitologia nostrale. I Pontificali stessi di Numa tacevano di lui7: e nelle tavole eugubine, principal monumento delle nostre religioni, non v’è tampoco nessuna volta nominato in

  1. Tertullian. Apolog. 24. conf. Cluver. p. 544; Gruter. p. cccviii. 1.
  2. Cato ap. Plin. iii. 5.; Ovid. Fast. vi. 49. sqq.
  3. Virgil. vii. 682.; Sil. xii. 537.
  4. Cinc. Alim. ap. Macrob. Sat. i. 12.; Ovid. Fast. vi. 59 sqq. Jano Curulis tuo curro clypeoque tuere meos curiae vernulas sane. Serv. i. 17. Tal era un pezzo di preghiera del rituale tiburtino alla dea.
  5. Virgil. vii. 419,; Plin. xxxv. 10.
  6. Martium mensem a Marte nominatum, quod gens Latina bellicosa. Varro ap. Censorin. 22.; Ovid. Fast. iii. 85. sqq.
  7. Arnob. ii. p. 95. Non altro tempio aveva Apollo in Roma, che quello divisato da Asconio fuori della porta Carmentale: ea enini sola tum denium Romae Apollinis aedes (in Tog. candid.): il qual tempio gli fu promesso per voto l’anno 320: e due anni dopo dedicato. Liv. iv. 25. 29.