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CAPO XXI. 85

mente chiamata multa con voce sabina1, era quanto alle offese e ai danni nocenti alla proprietà o a’ dritti altrui, l’ordinaria pena statuita dalla legge; massime tra i popoli di stirpe sabella, originalmente pastori. Conferma certissima che non poche usanze paesane, e leggi di discreta penalità, nacquero semplici e piene di fiduciale temperanza: cioè conformi a’ costumi buoni, e alle integre consuetudini della vita pastorale ed agricola.

I legislatori degli Etruschi tutto compresero ne’ libri sacri, dove ogni pubblico provvedimento vi si porgeva al popolo coll’istesso grado d’autorità divina. Ovunque i costumi sono forti, i principj fermi, e inflessibile la legge, hanno i lesti una voce di maestà potente, autentica, popolare. E tutto quanto spettava al ben della città trovavasi contenuto in quei prudentissimi codici, che si chiamavano Rituali. Per comandamenti e precetti inviolabili era in essi prescritta l’edificazione delle città e dei tempj, la consacrazione delle mura e delle porte, la distribuzione civile del popolo, gli ordini della milizia; in fine tutto ciò che riguardava alla salute, sicurezza e difesa del comune,

  1. Multae, vocabulum non Latinum sed Sabinum esse; idque ad suam memoriam mansisse lingua Samnitium. Varro Rer. hum. ap. Gel. xi. 1.; Multam, Osci dici putant poenam quandam. Festus. s. v. si legge infatti nella grande iscrizione osca di Abella: vocabolo ripetuto nello stesso significato di pena anche nella tavola Lucana di Banzia.