Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. III).djvu/12

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8 storia

«Il trionfo della causa democratica è ormai assicurato anche nella capitale del mondo cattolico. I voti dei popoli cominciano a diventare una legge irresistibile per tutta Italia. La rovina di chi tentava di resistervi è compiuta. Il pontefice che spontaneamente non volle promulgare la santa causa dell’indipendenza, costrinse il monarca a piegarsi sotto l’impero della volontà popolare, e a consacrare suo malgrado il principio delle nazionalità. La mano arcana di una Provvidenza celeste ha cancellato dalla faccia della terra tutte le ree vestigia di quella infame politica che accompagnò le ultime ore del regno di Francia. Quella mano che cacciò i Guizot, i Luigi Filippo ed i Metternich, che sentenziò la morte di Lemberg, di Latour e di Rossi (giustizia tremenda ma inevitabile), è forse sospesa tuttora sul capo dei traditori che restano.» 1

Della pubblica stampa romana non parliamo. I giornali son là. Non ci regge l’animo di estrarne gli articoli.

Al teatro Valle (come se la lettura degli articoli eccitatori non fosse bastante) si volle dare il Bruto di Alfieri la sera del 22, onde eccitare gli applausi alla morte di Cesare allusivi a quella del moderno tiranno che era il Rossi. 2

E lo stesso giorno 22 Giuseppe Mazzini con lettera dalla frontiera di Lombardia, diretta ai buoni fratelli in Roma, si rallegrava per ciò che si era fatto, e dava le istruzioni per proseguire a compiere la rivoluzione. 3

Rifugge l’animo nostro dal fare altre ricerche fra gli stampati di quel tempo, e vi sarebbe larga messe. Pur non ostante questi saggi che abbiam dati potranno somministrarcene una idea. La stampa estera però quasi tutta proruppe in un grido di esecrazione pel misfatto del 15,

  1. Vedi l'Alba del 18 novembre 1848, n. 376, seconda pagina.
  2. Vedi la Pallade del 22. — Vedi il Don Pirlone, n. 66, pag. 266 .
  3. Vedi Documenti, vol. VII, n. 50 A.