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per le fellonie del 16, e per tutte le altre irregolarità di cui Roma ci dette un sì riprovevole spettacolo.

Intanto i deputati Monari, Borsari, Orioli, Minghetti, Bevilacqua, Banzi, mandavano le loro rinunzie.1

Quella però del Minghetti, del Bevilacqua e del Banzi tornando in onore di chi la dettò, e contenendo una esposizione franca e veridica dei casi di Roma e del sistema di oppressione che vi regnava, viene anche a giustificare tutto ciò che abbiam raccontato, e quindi ci troviamo costretti di riportarla per intiero:


«Manifesto agli elettori di tre deputati bolognesi.


» La determinazione di rinunciare all’ufficio di deputato nelle presenti circostanze ha tale gravità, che abbisogna di essere pienamente giustificata; laonde, non sì tosto giunti a Bologna, noi ci affrettiamo di adempiere questo dovere. La esposizione dei fatti e dei motivi del nostro operato, sarà semplice, leale, senza studio e amore di parte. Così essa rechi nell’animo vostro questo convincimento, non avere noi demeritato il nobile ufficio commessoci: avvegnachè lo abbiamo deposto solo, quando ci parve impossibile il sostenerlo.

» Voi conoscete, o signori, gli avvenimenti del 15 e 16 novembre in Roma: l’assassinio del conte Rossi, il baccante tripudio sulla sua morte, il commovimento della città, le domande armata mano al Quirinale, il lungo e fermo rifiuto del papa, e finalmente l’annunzio della sua annuenza quando incominciò la mischia, e il sangue fu sparso. Quinci entrava al potere il nuovo ministero.

» In presenza di tali fatti, compiuti tutti senza partecipazione legale delle Camere, ond’era mutata la condizione politica del paese, e mentre si voleva sottoporre al Consiglio dei deputati il piano di un’Assemblea co-

  1. Vedi il Contemporaneo del 22 novembre, seconda pagina.