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d a i   s u o i   p r i n c i p j   ec. 197

[Scopa.]

§. 19. Scopa dell’isola di Paro dee, secondo Vitruvio, aver ornato co’ suoi lavori il Mausoleo1, quella tomba cioè che Artemisia regina della Caria eresse allo sposo suo Mausolo morto nell’olimpiade cvi. Plinio dice che abbiane ornato il lato orientale2; ma poiché Scopa, secondo questo scrittor medesimo, fioriva nell’olimpiade lxxxvii.3, e da questo tempo sino all’erezione del Musoleo trascorsero venti olimpiadi, cioè ottant’anni, io non so come accordar Plinio con sè stesso e con Vitruvio, a meno che non ammettiamo due scultori dello stesso nome4. Una contradizione mag-


gio-


    facessero col tempo maggiori progressi nell’arte: la qual riflessione viene a confermare, che Policleto fiorisse nell’olimpiade lxxxvii., come dice Plinio; poichè Platone, secondo Laerzio lib. . princ., nacque nell’olimpiade lxxxviu., e quando scrisse ciò, che si è riferito, poteva aver conosciuti i figli di Policleto; i quali per altro doveano già essere avanzati negli anni, mentre egli dice, che erano di gran lunga inferiori al merito del padre: paragone, che non si sarebbe potuto fare se non data qualche proporzione di età.

    Assai vantaggioso giudizio delle opere di Policleto portarono gli antichi, e specialmente Pausania lib. 2. cap. 27. pag. 174. & alibi, il quale lo riconobbe eziandio per valente architetto, ed autore d’un ben inteso teatro, e di una bella fabbrica rotonda presso gli Epidaurj. Piacevole è stata la maniera, con cui racconta Eliano Variar, hist. lib. 14.. cap. 8. essersi Policleto preso gabbo degli strani giudizj del volgo. Fece egli due statue, una in secreto, secondo i principi dell’arte; l’altra in un luogo aperto, mettendo in esecuzione nel lavorarla tutt'i suggerimenti di coloro, che entravano a vederla. Esposte alla fine amendue al pubblico, d’una voce comune fu sommamente lodata la prima, derisa e biasimata la seconda. Allora rispose Policleto: la statua che sì biasimate, è la vostra; quella che si lodate, è la mia. [ All’opposto Fidia, che tenne lo stesso metodo nel fare il suo Giove Olimpico, riportò molto vantaggio anche dai giudizj del volgo. Luciano Pro imagin. §. 14. oper. Tom. iI. pag. 492z.

  1. lib. 7. in præfat.
  2. lib. 6. cap. 5. sect. 4. §. 9.
  3. id. lib. 34. c. 8. sect. 19. §. 1.
  4. Gli Scopa sono stati varj. Uno ne viveva ai tempi di Simonide, e un altro di Tessaglia era contemporaneo a questo Scopa di Paro, ma erano forse amendue filosofi. Vegg. Laerzio lib. 2. segm. 25., e ivi Menagio Tom. iI. pag. 844., Leopardi Emendat. lib. 3. cap. 14. Un altro, che era meccanico, e che viveva probabilmente intorno allo stesso tempo, lo nomina Vitruvio l. 9. cap. 9. Per conciliare la detta contradizione io direi, o che in luogo di Scopa, che Plinio mette nell’olimpiade lxxxvii., si possa collocare altro artista, che per affinità di nome sia stato dall’amanuense mutato in questo; oppure se ammettiamo per giusta la lezione direi, o che siano due diversi artisti dello stesso nome, o che Plinio abbia per inavvertenza nominato Scopa al luogo citato in vece di nominarlo poco appresso dopo Prassitele. Qualunque di queste conciliazioni si voglia ammettere, io sostengo, che lo Scopa dell’isola di Paro, di cui tratta Winkelmann, abbia veramente vissuto nell’olimpiade cvi. Primieramente, perchè in quest’epoca si accordano Vitruvio, e Plinio, e non molto se ne allontanerebbe Pausania, secondo cui nell’anno primo dopo l’olimpiade xcvi. diresse la fabbrica d’un tempio, come si dirà qui appresso. In secondo luogo, Plinio lib. 36. cap. 5. sect. 4. §. 7. ove tratta a lungo di Scopa, discorrendone coerentemente all’epoca dell’olimpiade cvi., lo novera fra gli artisti, che hanno fiorito dopo Prassitele, cui dice lib. 34. cap. 8. sect. 19. princ. aver fiorito nell’olimpiade civ. In terzo luogo, numerando le di lui opere nel citato §. 7. dice Plinio, che la Venere nuda fatta da lui, e porta nel tempio di Bruto Callaico, era più eccellente della Venere di Prassitele a Gnido, sebbene in Roma non fosse osservata a paragone di quella celeberrima in tutto il mondo (come intendo Plinio l. cit. §. 5. 7. 8.