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198 Storia dell’Arte presso i Greci

giore, che scioglier non seppero nè Salmasio1 nè altri2, nasce intorno a un passo di Plinio, ove leggesi che nel tempio di Diana Efesina v’erano trentasei colonne dal solo Scopa incise (cælatæ uno a Scopa)3. Qui l’anacronismo sarebbe ancor maggiore, essendo flato quel tempio edificato nell’olimpiade cvi.4; oltre di che non sono già gli scultori, ma gli scarpellini che tagliano le colonne. Togliesi però ogni difficoltà, ove leggasi cælatæ uno e scapo5, cioè fatte tutte d’un pezzo solo6, sapendosi che scapus significa il fusto della colonna7.



§. 20. La


    senza la spiegazione, che vi dà il signor Brotier nella nota annessavi nella sua edizione, e non sapendovi trovare la contradizione, che vi trova il signor Falconet nelle sue note allo stesso luogo, ceuvr. Tom. IV. pag. 7. segg. ), e che sola bastava a render celebre qualunque paese, ove fosse stata collocata: il che fa ben capire, che lo stile di Scopa fosse migliore, o non inferiore almeno a quello di Prassitele, e per conseguenza non avesse vivuto prima di lui; ma o contemporaneamente, o dopo. Per ultimo, Plinio nomina i di lui emoli, e competitori nel fare gli ornati, o bassi rilievi al Mausoleo suddetto; e sì in questo proposito, che per le altre cose accennate, ed altre molte sue opere, parla tanto chiaramente, e con tal dettaglio, che non può credersi abbia errato, o prese le notizie da altri scrittori senza riflettere.

  1. Plin. exercit. in Solin. c. 40. pag. 571. seqq.
  2. Polen. Disserta. sopra al Tempio di Diana d’Efeso, Saggi di dissert. dell’Accad. di Cortona, Tom. I.
  3. Plin. l. 36. c. 14. sect. 21. Così pretende Salmasio loc. cit. pag. 571. D. che debba emendarsi Plinio senza darne ragioni, quando la vera lezione è sempre stata cælatæ, una a Scopa; come osserva anche Poleni loc. cit. §. IX. pag. 14.
  4. In questa olimpiade fu bruciato da Erostrato nella stessa notte, in cui nacque Alessandro il Grande, col favore del quale fu riedificato in appresso. Ved. Salmasio loc. cit. pag. 571.
  5. Il signor Heyne non approva questa correzione del testo di Plinio, e crede piuttosto che questo storico, avendo sott’occhio diversi autori, abbia da tutti copiato ciò che faceva al suo proposito senza far caso delle contradizloni che ne risultavano. [ Piuttosto il signor Heyne poteva dire, che essendo stato fatto quel tempio nello spazio di 220. anni, come dice Plinio loc. cit. intendendo del vecchio tempio, e non indicandosi in che anno vi abbia lavorato Scopa, non ci farebbe contradizione alcuna; avendovi anche potuto lavorare quell’artista circa l’olimpiade lxxxvii., in cui lo mette Plinio, se non ostasse ciò che ho detto alla pagina antecedente, nota a.
  6. Io non so quale scrittore avrebbe potuto dire columnæ uno e scapo, colonne d’un fusto solo, per dire colonne tutte d’un pezzo. Molto meno crederci ciò di Plinio, il quale lib. 36. cap. 5. sect. 4. §. 10. parlando del Toro, ora di Farnese, per dire che era tutto d’un pezzo, ha detto, ex eodem lapide; e così del Laocoonte §. 11., ex uno lapide: come avrebbe detto Pausania lib. 8. cap. 7. pag. 675.: ἐστιν ἑνὸς ὁμοίως λίθου e solido & unico lapide. E poi era forse cosa particolare, e meravigliosa da farsi notare, che in cento ventisette colonne, le quali adornavano quel tempio famosissimo, trentasei erano tutte intiere, e d’un sol pezzo, quando in tutta la Grecia farà stata cosa ordinaria il vederne ? Bensì Plinio accresceva pregio a quel tempio col dire, che delle 36. colonne lavorate, forse nei capitelli, con ornati, o bassi rilievi (come deve spiegarsi la parola cælatæ, non tagliate, come spiega Winkelmann) una era opera di Scopa, artista celebratissimo.
  7. Scopa lavorò eziandio in bronzo, e fu inoltre architetto. Una sua Venere in bronzo, che chiamossi Venere popolare, sedente su di un capro parimenti di bronzo, vien ricordata da Pausania lib. 6. cap. 25. pag. 516.’, il quale rammenta pure due tempj da lui architettati, quello d’Esculapio,