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ero avviato al caffè per prendere in aspettativa della colazione la tazza di caffè che m’era dovuta dalla mattina. Deviai subito e andai alla stazione. Volevo trovarmi più vicino ai miei e — seguendo le indicazioni del mio amico caporale — mi recavo a Trieste.

Fu durante quel mio breve viaggio che la guerra scoppiò.

Pensando di arrivare tanto presto a Trieste, alla stazione di Gorizia e per quanto ne avessi avuto il tempo, non presi neppure la tazza di caffè cui anelavo da tanto tempo. Salii nella mia vettura e, lasciato solo, rivolsi il mio pensiero ai miei cari da cui ero stato staccato in un modo tanto strano. Il treno camminò bene fino oltre Monfalcone.

Pareva che la guerra non fosse giunta ancora fin là. Io mi conquistai la tranquillità pensando che probabilmente a Lucinico le cose si sarebbero svolte come al di quà della frontiera. A quell’ora Augusta e i miei figli si sarebbero trovati in viaggio verso l’interno dell’Italia. Questa tranquillità associatasi a quella enorme, sorprendente, della mia fame, mi procurò un lungo sonno.

Fu probabilmente la stessa fame che mi destò. Il mio treno s’era fermato in mezzo alla cosidetta Sassonia di Trieste. Il mare non si vedeva, per quanto dovesse essere vicinissimo, perchè una leggera foschia impediva di guardare lontano. Il Carso ha una grande dolcezza nel Maggio, ma la può intendere solo chi non è viziato dalle primavere esuberanti di colore e di vita di altre campagne. Qui la pietra che sporge dappertutto è circondata da un mite verde che non è umile perchè presto diventa la nota predominante del paesaggio.