Pagina:Svevo - La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti, 1929.djvu/174

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teva divenire un’espressione del proprio animo, il quale così inseriva la mummietta nella macchina della vita, quale un suo organo. Ed ecco come avvenne.

Allo scoppio della guerra italiana, Mario temette che il primo atto di persecuzione che l’I. e R. Polizia avrebbe esercitato a Trieste, sarebbe venuto a colpire lui — uno dei pochi letterati italiani restati in città — con un bel processo che forse l’avrebbe mandato a penzolare dalla forca. Fu un terrore e nello stesso tempo una speranza che lo agitò, facendolo ora esultare ed ora sbiancare dal terrore. Egli si figurava che i suoi giudici, tutto un consiglio di guerra composto dei rappresentanti di tutte le gerarchie militari, dal generale in giù, avrebbe dovuto leggere il suo romanzo, e — se ci doveva essere giustizia — studiarlo. Poi certamente sarebbe giunto un momento un po’ doloroso. Ma se il consiglio di guerra non era composto di barbari, si poteva sperare che, dopo letto il romanzo, per premio, la vita gli sarebbe stata risparmiata. Perciò egli scrisse molto durante la guerra, rabbrividendo di speranza e di terrore ancora più di un autore che sa che c’è un