Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/225

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dare anche fino a questa sera. — Stette zitta per un istante, molto pensierosa e poi, più sicura, soggiunse: — Non credo però che resti a pranzo fuori di casa, perchè il suo pranzo è pronto di là.

Acuto osservatore, Emilio s’accorse benissimo che tutti quei dubbi erano finti, e che la vecchia doveva sapere che Angiolina non sarebbe venuta tanto presto. Ma, come sempre, la sua forza d’osservazione gli fu di piccola utilità. Trattenuto dal desiderio, attese lungamente, mentre la madre di Angiolina gli faceva compagnia, silenziosa, seria tanto, che poi nel ricordo Emilio la scoperse ironica. La più piccola delle figlie era venuta a porsi accanto alla madre e si soffregava sul fianco di costei come un gattino sullo stipite di una porta.

Egli se ne andò sconfortato, congedato dai saluti gentilissimi della vecchia e della fanciulla. Egli accarezzò i capelli di quest’ultima, che avevano il colore di quelli dell’Angiolina. In genere, salvo la rosea salute, ella andava somigliando alla sorella.

Pensò che forse sarebbe stato saggio partito vendicarsi di quel tiro d’Angiolina, non andando da lei finchè ella non l’avesse chiamato. Ora che ne aveva bisogno sarebbe venuta ben presto in cerca di lui. Ma la sera, subito dopo l’ufficio, egli rifece la strada proponendosi intanto d’indagare la causa di quell’inesplicabile assenza. Era possibilissimo che si fosse trattato di un caso di forza maggiore.

Trovò Angiolina ancora vestita come quando l’a-