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226 DEGLI ANNALI


LXVIII. Brutto capo d’anno fece il consolato di Giunio Silano e Silio Nerva, avendo strascinato in carcere Tizio Sabino, illustre cavalier romano, perchè fu amico di Germanico, e seguitava d’esser divoto alla moglie e figliuoli; e far loro corte fuori, servigi in casa, solo tra tanti obbligati; però lodato da’ buoni, odioso a’ contrari. Lo assalsero Latino Laziare, Porcio Catone, Petilio Ruffo, e M. Opsio, stati pretori, e bramosi del consolato, al quale non si entrava se non per la porta di Seiano, che non s’apriva per bontadi. Convennero che Laziare, bazzica di Sabino, fosse lo schiamazzo, e gli altri il vischio. Ei ragionò seco di varie cose; poi cadde in lodarlo di fermo animo, che non aveva, come gli altri, servita quella casa nella felicità, piantata nelle miserie; e in onore di Germanico, e compianto d’Agrippina, molto disse. Le lagrime a Sabino (come i miseri inteneriscono) grondarono con lamenti; e già, preso animo, la crudeltà, la superbia, i disegni di Seiano proverbiò; nè la risparmiò a Tiberio, parendo di vera amistà segno il discredersi di cose sì gelose. Onde Sabino già da sè stesso cercava di Laziare: trovavalo a casa; aprivagli, come a suo cuore, i suoi guai.

LXIX. I prod’uomini consultano, come e dove potergli far dire tali cose a quattr’occhi, e più orecchi: e perchè dietro all’uscio potevano esser per isciagura scoperti, o far romore o dar sospetto, sofficcansi i tre senatori, con laido non meno che traditore nascondiglio, tra ’l tetto e ’l soppalco1,

  1. Di simili tratti si trovano in Tucidide, l. i. Probo in Temistocle, e Pausania. Diodoro, l. 2, Plutarco in Te-