Pagina:Teofrasto - I Caratteri.djvu/36

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il filosofo teofrasto

preoccupazione di rappresentar fresca di colori la realtà di una famigliuola borghese, converrà in ammettere che questa e nessun’altra è l’origine della prosa dei «Caratteri» teofrastei.

«I Caratteri sono uno de’ libri di prosa greca piú efficaci e più divertenti: non soggetti alla tirannia dei numeri oratorii, non astretti a schemi di logica rigorosa, liberi nell’ordine dei particolari, essi sono tuttavia, anzi giustappunto per ciò essi sono non prosa d’arte, ma opera d’arte squisita. Ci si sente rifiatare a leggere una buona volta il linguaggio della conversazione, qual’era davvero parlato sulla piazza e nelle botteghe d’Atene del quarto secolo, linguaggio tutto brio, tutto scorci, piú facile quindi talvolta a indovinare e sentire che non a intendere razionalmente e tradurre. E in quei participi telegrafici, in quelle soppressioni ardite di oggetti e complementi si sente una naturalezza che spontanea nel popolano del luogo, nel professore venuto di fuori, il quale ancora dopo molti anni di soggiorno non riusciva a dissimulare l’accento straniero, non può essere se non frutto d’arte raffinata». Il giudizio ora citato sulla prosa teofrastea è di Giorgio Pasquali, e noi crediamo di poterlo sottoscrivere in ogni sua parte cosí vero esso è e cosí limpido. Ma Pasquali pensa che poiché Teofrasto avrà preparato le sue lezioni svolgendo anticipatamente i punti salienti dei suoi corsi, i «Caratteri» conservino appunto da elaborazione dei punti salienti di un corso di fenomenologia de’ costumi, e il filosofo abbia per cosí dire approfittato del suo fine senso di comicità e della sua abilità di scrittore per inserire in uno de’ suoi corsi di etica descrittiva descrizioni bell’e preparate di tipi diversi. In altri termini, Pasquali non crede che i «Caratteri» siano estratti da un’opera retorica, non crede neppure che siano estratti da un’opera di etica propriamente detta: Pasquali afferma semplicemente che questi suoi «Caratteri» Teofrasto li leggesse a scuola per «incatenare l’attenzione de’ suoi ascoltatori e strappare l’applauso ». Teofrasto non li


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