Pagina:Teofrasto - I Caratteri.djvu/37

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la composizione dei «caratteri»

avrebbe composti per potersene poi valere nello scrivere una fenomenologia dei tipi errati o imperfetti di vita morale: se ho ben capito quel che Pasquali intende, Teofrasto non li avrebbe scritti né per caso né di primo acchito, ma al solo scopo di leggerli a scuola, e però essi sarebbero stati pubblicati più tardi, dopo la sua morte, a quel medesimo modo che dopo la morte di Aristotele furono pubblicati corsi di lezioni che il maestro lesse e non pubblicò direttamente, come aveva pubblicate altre sue opere.

Pasquali ha anche osservato e ripetuto con altri che nei «Caratteri» s’incontrano moltissimi iati e tali che riescono insopportabili all’orecchio esercitato, e son propri della lingua parlata, ma non della lingua scritta. Composti di proposizioni infinitive coordinate fra loro e dipendenti tutte da un aggettivo consecutivo iniziale: «tale... che», e solo di rado interrotte da un «è anche capace di...», con poche determinazioni accessorie espresse da participi attivi; i «Caratteri» corrono liberi dalla dignitosa e compassata sintassi di Isocrate e dei seguaci di Isocrate, e suonano monotamente eguali nella definizione iniziale, nel senso che questa ripete sempre le medesime formule con leggerissime varianti, giacché, subito dopo la definizione di ogni vizio, compare l’aggettivo designante il vizioso seguito da un «è tale che...», da cui dipende tutto o poco meno dell’intero capitolo. Il modello del carattere ottavo: «il contar frottole è un mettere insieme a vànvera discorsi e fatti senza nessun fondamento di verità, e il frottolone è tale che incontrato un amico fa subito il viso di circostanza...», è buono anche per gli altri ventinove caratteri e riecheggia in certo modo, ma non in tutto, la sintassi delle brevi definizioni di caratteri che si leggono nell’«Etica a Nicomaco«» di Aristotele. Non è possibile, dunque, nessun dubbio sulla natura diciamo pure scolastica delle definizioni e sul perché Teofrasto le abbia inserite in questa o in quella sua opera di etica.

Ma credere con Pasquali che Teofrasto tenesse lezioni di etica descrittiva e che per tali lezioni egli avesse apparecchiato quelle descrizioni, e cosí le avesse elaborate da presentarle all’ammirazione e attenzione degli scolari, non mi sembra possibile. Intanto, chi ci dice che Teofrasto compose per davvero lezioni di etica


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