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142 parte

(Dissert. 5, p. 250) le lettere di Falaride senza accennar dubbio alcuno della lor supposizione. Di queste dissertazioni parlasi nel Giornale degli Eruditi di Parigi (an. 1706, p. 334). Dopo queste dissertazioni pare che di Falaride più non si parlasse. La contesa si volse alla cronologia della Vita di Pittagora, che non appartiene a questo luogo, e di cui altrove accennammo qualche cosa.


Si pruova che esse sono supposte. VII. Le ragioni dal Bentley arrecate a mostrare la supposizione di tali lettere riduconsi a quattro classi. Prende egli le prime dalla cronologia, mostrando, come dicemmo di sopra, che Pittagora non potè vivere a quel tempo a cui converrebbe che fosse vissuto, se vere fossero tali lettere; e che veggonsi in esse nominate le città di Phintia e di Alesa, che al tempo di Falaride non erano ancor fabbricate. Dalla lingua in cui le lettere sono scritte, prende il Bentley la seconda difficoltà: esse sono scritte nel dialetto attico, mentre nella Sicilia usavasi il dorico; e questo attico dialetto medesimo non è già l’antico, ma il moderno che a’ tempi di Falaride non era ancora in uso; e tre parole singolarmente vi s’incontrano, che sono di conio, per così dire, assai posteriore. Il terzo genere di difficoltà è preso da’ sentimenti e da’ pensieri che nelle lettere si veggono espressi, i quali certo non sembrano adatti a un tiranno. Il quarto finalmente dal silenzio degli antichi autori; poichè i soli da’ quali se ne faccia menzione, sono Stobeo, Suida, Tzetze, Fozio (il quale inoltre mostra (epist. 207) di non esser troppo persuaso della loro legittimità),