far risorger gli stilili. Ma ottenne egli perciò l’effetto desiderato?
VI. Prosiegue poi lo stesso autore, aggiugnendo che più d’ogni cosa conduce alla rovina degli studj il cattivo gusto, l’amore delle
acutezze e f all’ettazion dello stile; e per recarne
un esempio, il prende dalla storia della letteratura italiana; ma ha egli pur la sventura comune a molti oltramontani che appena si accingono scrivendo a porre il piede in Italia,
che inciampano miseramente; perciocchè dice
che il Tasso fu il primo a mettere tra gl’Italiani alla moda il cattivo gusto, e che d’allora
in poi i gran genj sono scomparsi in Italia.
Ma lasciam in disparte quest1 autorevole detto,
che non è di questo luogo il trattarne; e riflettiam solo sulla nuova ragione che il Racine
adduce della decadenza degli studj, cioè il cattivo gusto, ec. Certo, ove il gusto è cattivo non
posson fiorire le belle arti; ma parmi che ciò
sia lo stesso che dire, che ove non son valenti
pittori non possono esservi pregevoli dipinture;
perciocchè rimane ancora a cercare per qual
ragione il cattivo gusto prevalga al buono, e la
viziosa alla sincera eloquenza.
VII. Le riflessioni che finora abbiam fatto
a mostrare l’insufficienza di tutte queste cause
morali a produrre il decadimento di cui trattiamo, ci potrebber per avventura condurre a
ricevere come verisimile il sentimento del celebre ab. du Bos, il quale dopo aver confessato che le dette cause morali possono in qualche parte influir sulle scienze, osserva (Reflex,.
sur la Poésie et sur la peinture, t. 2, sect. 12, ec.)