Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/51

Da Wikisource.
14 dissertazione

e le lettere si son perfezionate talvolta, quando le cause morali parevan congiurate ad opprimerle; ed all’incontro talvolta son decadute , quando queste eran più impegnate e congiunte a tenerle in fiore. Udiamo le sue parole me-, desime con cui svolge questo suo pensiero, traendone dalla nostra Italia l’esempio:Per tren» taquattro anni, die’ egli parlando del fine del secolo xv, e del principio del seguente, l’Italia, per valermi di una espressione familiare agli storici di quella nazione, fu calpestata co’ piedi dalle barbare nazioni. Il regno di Napoli fu conquistato quattro o cinque volte da diversi principi; e lo Stato di Milano cambiò padrone anche più spesso. Dalle torri di Venezia si vider più volte le armate nemiche; e Firenze fu quasi sempre in guerra, o contro i Medici che volevano assoggettarla, o contro i Pisani cui voleva essa render soggetti. Roma vide più volte truppe o nemiche o sospette entro le sue mura; e questa capitale delle belV arti fu saccheggiata dall’armi di Carlo V con tal barbarie, come il sarebbe una città presa per assalto dai Turchi. Or in questi trentaquattro anni appunto le lettere e le arti fecero in Italia tali progressi, che anche al presente sembrano prodigiosi. Fin qui egli a mostrare che la prosperità! degli Stati, la munificenza de’ principi, e somiglianti altre cagioni morali non son necessarie a far fiorire le arti o gli studj, e che il loro risorgimento è seguito allora appunto che esse avevano minor forza. Ma non potrei io forse de’ tempi medesimi formare un ben diverso quadro, e rappresentai li