e le lettere si son perfezionate talvolta, quando
le cause morali parevan congiurate ad opprimerle; ed all’incontro talvolta son decadute ,
quando queste eran più impegnate e congiunte
a tenerle in fiore. Udiamo le sue parole me-,
desime con cui svolge questo suo pensiero,
traendone dalla nostra Italia l’esempio:Per tren»
taquattro anni, die’ egli parlando del fine del
secolo xv, e del principio del seguente, l’Italia, per valermi di una espressione familiare
agli storici di quella nazione, fu calpestata co’
piedi dalle barbare nazioni. Il regno di Napoli
fu conquistato quattro o cinque volte da diversi principi; e lo Stato di Milano cambiò
padrone anche più spesso. Dalle torri di Venezia si vider più volte le armate nemiche; e
Firenze fu quasi sempre in guerra, o contro i
Medici che volevano assoggettarla, o contro i
Pisani cui voleva essa render soggetti. Roma
vide più volte truppe o nemiche o sospette entro le sue mura; e questa capitale delle belV arti fu saccheggiata dall’armi di Carlo V
con tal barbarie, come il sarebbe una città
presa per assalto dai Turchi. Or in questi
trentaquattro anni appunto le lettere e le arti
fecero in Italia tali progressi, che anche al presente sembrano prodigiosi. Fin qui egli a mostrare che la prosperità! degli Stati, la munificenza de’ principi, e somiglianti altre cagioni
morali non son necessarie a far fiorire le arti
o gli studj, e che il loro risorgimento è seguito
allora appunto che esse avevano minor forza.
Ma non potrei io forse de’ tempi medesimi formare un ben diverso quadro, e rappresentai li