Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/52

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preliminare 15

come i più felici che mai sorgessero all’Italia? Se io prendessi a favellare così: Se noi esaminiamo il secolo di Leon X, in cui le lettere e le arti sepolte per dieci secoli uscirono al fin dalla tomba, vedremo che sotto il suo pontificato V Italia era nella più grande opulenza in cui dopo V impero de’ Cesari fosse stata giammai. I piccioli tiranni rinchiusi co’ loro sgherri in infinite fortezze, e la cui concordia del pari che la discordia erano un terribil flagello alla società, erano finalmente stati snidati dalla prudenza e dal coraggio di Alessandro VI Le sedizioni erano sbandite dalle città, le quali, generalmente parlando, avean saputo formarsi al fin del secolo precedente un governo stabile e regolato. Si può dire che le guerre straniere, le quali cominciarono allora in Italia colla spedizione di Carlo VIII nel regno di Napoli, non furono così dannose alla società, come il timor perpetuo che si aveva di esser rapito, quando si andava in campagna, da’ sicarj dello scellerato padrone che vi si era annidato; o il timore di veder posto il fuoco alla sua casa in un popolare tumulto. Le guerre che allor si facevano somiglianti alla gragnuola, non venivano che a guisa di turbine, e non rovinavano che una lingua di paese. Si videro successivamente sul trono due papi desiderosi di lasciare monumenti illustri del loro pontificato, e in conseguenza obbligati a favorir gli artigiani e i letterati più illustri, che potevano rendergli immortali col rendere immortali se stessi. Perciò le lettere e le arti fecero meravigliosi progressi. Se, io dico, descrivessi così lo stato