Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/547

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5io unno in Iìoma il fervore insieme e il buon gusto nel coltivamento dell’eloquenza, della poesia e degli altri studj. IV. Alcuni degl’illustri gramatici che a’ suoi tempi erano in Roma, troviam rammenti da Gellio. Tra essi ei fa menzione di Sulpizio Apollinare, uomo a sua memoria dottissimo (l. 18, c. 4; l. 20, c. 5, ec.), che vantavasi di essere il solo che intender potesse le Storie di Sallustio. Egli ebbe l’onore di avere a suo discepolo Pertinace che fu poscia imperadore; anzi questi sottentrò per alcun tempo all’impiego della pubblica scuola che Sulpizio teneva (Jul. Capit. in Pertin. c. 2), finchè annoiato della gramatica passò all’armi, e quindi al trono. Alcuni versi di Sulpizio Apollinare sul comando che avea dato Virgilio di dare alle fiamme l’Eneide, ci sono stati conservati da Donato nella Vita da lui scritta di questo poeta. Gellio loda parimenti un cotal Elio Melisso, dicendo ch’esso a’ suoi giorni avea ottenuto tra’ gramatici sommo onore (l. 18, c. 6); accenna varie opere da lui scritte, ma dice insieme che l’arroganza era in lui maggior del sapere. V. La Storia Augusta ancora ci somministra il nome di alcuni gramatici di questa età che’ dovean essere in credito di non ordinario sapere, poichè dagl’imperadori furon dati per maestri a’ior figliuoli. Marco Aurelio ebbe, come narra Capitolino, (in M. Aur. c. 2), a suoi maestri negli studj gramaticali Alessandro per la lingua greca, per la latina Trosio Apro Pollione, ed Eutichio Procolo nativo di Sicca nel!’Africa. Ma di essi 11-.di’altro sappiamo, se non