Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/55

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18 dissertazione

XIII. Nè il veder le stesse vicende comuni ad ogni genere di belle arti.

XIII. L’ultiina ragione che a pruova del suo sistema si adduce dall’ab. du Bos, si è che i grandi uomini sono fioriti al medesimo tempo, e che le stesse età che han prodotto oratori, filosofi, poeti illustri, han prodotto ancora pittori, scultori ed architetti eccellenti. Questa proposizione soffre molte difficoltà, come ha osservato ancora il conte. Algarotti in un suo Ragionamento (Opere t. 3, p. 101, ediz. di Li~ vorno). L’eloquenza decadde al tempo di Augusto, come abbiam veduto, quando la poesia giugneva alla sua perfezione; e al tempo stesso, come pur si è dimostrato, cominciò ancora a decadere l’architettura colle altre arti. Il secolo scorso fu in Italia fecondo di filosofi e di matematici insigni, ma non già di oratori e di poeti illustri. E il secol nostro può ben vantarsi di aver condotta a gran perfezione l’eloquenza e la poesia; ma si può egli dir lo stesso della pittura e della scultura? Ma concedasi ancora che sia così, come l’ab. du Bos afferma. Vorrà egli perciò persuaderci che le cause fisiche più che le morali influiscono sullo stato della letteratura e delle arti? Anzi a me pare che questo argomento ancora si possa contro di esso rivolgere. Perciocchè, se le cause morali sono le operatrici di questo effetto, io intenderò facilmente come in uno stato lieto e fiorente un principe magnanimo e liberale possa colla sua munificenza condurre alla perfezione le arti insieme e gli studj tutti. Ma se ciò vogliasi attribuire alle cagioni fisiche, e il clima, l’aria, le esalazioni si reputino la principal sorgente del lieto, o infelice stato della letteratura.