Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/182

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nella mano, rabbrividendo insieme ad ogni soffio di vento che ci sferzava, coperti tutte e due col medesimo scialle, contemplando insieme quella scena tristamente bella, ci facevamo l'illusione d'essere sposi, dimenticavamo il passato, accomunavamo le nostre esistenze.

Quando sedemmo a tavola a Menaggio pel nostro primo pranzo nuziale, avevamo ritrovata tutta l'ilarità perduta; c'era sempre una certa esitazione nello sguardo dell'Eva; ma, appunto per nasconderla, si mostrava giuliva, ed io pure ero preso da un buon umore verboso. Ed ingannavamo noi stessi; ed eravamo felici.

Cominciava ad imbrunire quando salimmo in carrozza per andare a Lugano. Il sole era scomparso colla sua luce consolante; il lago dall'aspetto calmo e sereno era rimasto dietro a noi. Tornarono la nebbia e l'oscurità, e nella solennità di quel paesaggio montuoso, sentimmo la malinconia invaderci il cuore. Ma era una sofferenza comune che ci ravvicinava ancora più. Ed era così ardente l'amore lungamente represso nei nostri cuori, avevamo un tale arretrato d'espansione e di desideri, che dimenticammo le anime affettuose che avevamo straziate, i mali che avevamo seminati dietro a noi, in una di quelle estasi inebbrianti, che rimangono come un punto luminoso nella tristezza del risveglio e dell'espiazione, e bastano sole a fare che la più deserta, la più combattuta delle esistenze non sia del tutto infelice.

Ma furono poche ore. Dal tramonto all'alba avevamo esaurita la nostra parte di felicità. Il sole, che era tramontato sulle nostre fronti ardenti e meste,