Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) III.djvu/128

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DEIANIRA
A quanto sembra, non ignara giungi
del mio travaglio; ma non sai qual cruccio —
né mai la prova te ne renda esperta —
strugga il mio cuore: ché si nutre in simili
plaghe l’umore giovanile, e vampa
di sol mai non lo scuote, o pioggia, o soffio
di venti alcuno, e fra le gioie e senza
travagli, esalta il suo fiore, sinché
cambi il suo nome, da fanciulla in donna,
e la sua parte di cordogli in una
notte riceve, e a trepidare apprende
e per lo sposo e per i figli. Allora,
esaminando il proprio stato, ognuna
potrebbe i mali ond’io son grave apprendere.
Per molti mali io già pianger dovei,
tranne per uno; ed or ve lo dirò.
Quando l’ultima volta il Signor mio
abbandonò la casa, una vetusta
di segni impressa tavoletta a me
lasciò, che prima, a tanti agoni uscendo,
mai decifrata non m’avea: ché sempre
movea come chi va certo al trionfo.