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SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 189

calunniavano d’eresie; e i roghi del Santo Uffiùo ardevano in ogni città d’Italia, tanti che un Papa, stato Domenicano, or- dinò che le Inquisizioni fossero meno arbitrarie ’. Se Dante , ove mai fosse tornato per le conquiste de’ ghibellini in Firenze, avrebbe voluto vedere i suoi persecutori sul fuoco, al quale lo avevano condannato, non so. Era di anima indomita, d’ardente immaginazione, di longanimità senza esempio; pati di inique persecuzioni, e dell’impazienza di protratte speranze; minacciò da profeta ; e sono indizj tutti di coscienza confidentissima, e allontanandola dalle superstizioni, la guidano al fanatismo. Le riforme che fanno cambiare condizione a’ ricchi e mendici , e vietano a’ sacerdoti d’acquistare tesoro per privilegj venduti e mendaci % non si maturano mai senza sangue, e peggio dove la Chiesa è regnante. Né pare che Dante fosse de’ riformatori che fidano più ne’ progressi della ragione , che della forza. I Fiorentini, a’ quali Cane della Scala pareva « il maggiore ti- » ranno e il più possente e ricco che fosse in Lombardia da » Azzolino di Romano infìno allora; e chi diceva anche più; * » - diOvevano temere a ogni modo, non il loro concittadino rien- trasse profeta armato dal vincitore de’ Guelfi. Del resto, gli uomini in ogni mutazione di fortuna sogliono ubbidire al- l’ istinto, in taluni feroce, e in taluni clemente , del cuore ; e perpetuo e profondo, perchè vive ingenito nella tempra dell’in- dividuo: e per esso mormorano le rampogne, e le adulazioni segrete che sono chiamate voci della coscienza e della ragione; pur sono passioni in forma di sillogismi. A me la tempra del cuore di Dante pare disposta, ma non arrendevole alla pietà.

LUI. Due anni o poco più da che vide Cane della Scala in tanta fama, ut hos in sps suae posteritatis attollat; hos exter- minii dejiciat in ierrorem * — Dante morì. Questa data io la assegno alla dedicatoria del Paradiso; perchè la dittatura del Signor di Verona non com nciò ad essere sperata da’ Ghibel- lini, né temuta da’ Guelfi in Italia, se non dopo le sue vittorie verso la fine dell’anno 1318. Poi, dov’anche al Poeta fosse toc- cato il tristo privilegio di lunghissima vita, ei non che godere d’alcuna vendetta, avrebbe veduto i suoi nemici nel breve corso di otto anni pericolare e risorgere ; e Cane affrettarsi al sommo della potenza, e Castruccio ridurre quasi tutta Toscana a parte ghibelhna; e l’uno e l’altro morirsi giovani; " e in quel mezzo, Firenze protetta e di anno in anno avvilita più sempre dalla tirannide d’infami satelliti della casa di Francia; ® e il re fra


4 Officium SIC exercere studeant , ut ad Nos de talibus clamor ultertus non ascendal. — An. i304, Benedetto XI, papa. Vedi l;i lettera del Tinboschi al p. Inquisitore. Maestro del Sacro Palazzo. Storia Letteraria, voi. Vili, p. 6.5.

2 Paradiso, XXVII, 53.

3 Gio. Villani, lib. X, 139.

4 Lettera citata, pag. 469.

Muratori, Annali, 130% 4309

G Machiavelli, Storie FiorenUnet dall’anno 1325 ai 1341,


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