Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/158

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in quella città, stretto dal tempo, fu forzato a servirsi in alcune cose dell’altrui opera, per che, avendo l’altre stanze tutte adornate, diede cura a Iacopo Puntormo di fare nella cappella, dove aveva ogni mattina a udir messa Sua Santità, alcune pitture in fresco. Laonde, mettendo mano Iacopo all’opera vi fece un Dio Padre con molti putti et una Veronica che nel sudario aveva l’effigie di Gesù Cristo, la quale opera da Iacopo fatta in tanta strettezza di tempo, gli fu molto lodata. Dipinse poi dietro all’Arcivescovo di Fiorenza, nella chiesa di San Ruffello, in una cappella, in fresco la Nostra Donna col Figliuolo in braccio in mezzo a San Michelagnolo e Santa Lucia e due altri Santi inginocchioni, e nel mezzo tondo della cappella un Dio Padre con alcuni Serafini intorno. Essendogli poi, secondo che aveva molto disiderato, stato allogato da maestro Iacopo frate de’ Servi a dipignere una parte del cortile de’ Servi, per esserne andato Andrea del Sarto in Francia e lasciato l’opere di quel cortile imperfette, si mise con molto studio a fare i cartoni, ma perciò che era male agiato di roba e gli bisognava, mentre studiava per acquistarsi onore, aver da vivere, fece sopra la porta dello spedale delle donne, dietro la chiesa dello spedal de’ preti, fra la piazza di San Marco e via di San Gallo, dirimpetto a punto al muro delle suore di Santa Caterina da Siena, due figure di chiaro scuro bellissime: cioè Cristo in forma di pellegrino che aspetta alcune donne ospiti per alloggiarle, la quale opera fu meritamente molto in que’ tempi et è ancora oggi dagl’uomini intendenti lodata. In questo medesimo tempo dipinse alcuni quadri e storiette a olio per i maestri di Zecca, nel carro della moneta che va ogni anno per S. Giovanni a processione; l’opera del qual carro fu di mano di Marco del Tasso. Et in sul poggio di Fiesole sopra la porta della Compagnia della Cecilia una Santa Cecilia colorita in fresco con alcune rose in mano, tanto belle, e tanto bene in quel luogo accomodata, che per quanto ell’è, delle buone opere che si possano vedere in fresco. Queste opere avendo veduto il già detto maestro Iacopo frate de’ Servi et acceso maggiormente nel suo disiderio, pensò di fargli finire a ogni modo l’opera del detto cortile de’ Servi, pensando che a concorrenza degl’altri maestri che vi avevano lavorato, dovesse fare in quello che restava a dipignersi qualche cosa straordinariamente bella. Iacopo, dunque, messovi mano, fece non meno per disiderio di gloria e d’onore, che di guadagno, la storia della visitazione della Madonna con maniera un poco più ariosa e desta che insino allora non era stato suo solito, la qual cosa accrebbe, oltre all’altre infinite bellezze, bontà all’opera infinitamente, perciò che le donne, i putti, i giovani et i vecchi sono fatti in fresco tanto morbidamente e con tanta unione di colorito, che è cosa maravigliosa; onde le carni d’un putto che siede in su certe scalee, anzi pur quelle insiememente di tutte l’altre figure, son tali, che non si possono in fresco far meglio né con più dolcezza, perché quest’opera, appresso l’altre che Iacopo avea fatto, diede certezza a gl’artefici della sua perfezzione, paragonandole con quelle d’Andrea del Sarto e del Francia Bigio. Diede Iacopo finita quest’opera l’anno 1516 e n’ebbe per pagamento scudi sedici e non più. Essendogli poi allogata da Francesco Pucci, se ben mi ricorda, la tavola d’una cappella che egli avea fatto fare in San Michele Bisdomini della via de’ Servi, condusse Iacopo quell’opera