Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/172

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quando egli disegna la pianta e misure dell’Arca. In una poi delle facciate di sotto, ciascuna delle quali è braccia quindici per ogni verso, fece la inondazione del Diluvio, nella quale sono una massa di corpi morti et affogati, e Noè che parla con Dio. Nell’altra faccia è dipinta la Ressurezione Universale de’ morti, che ha da essere nell’ultimo e novissimo giorno, con tanta e varia confusione, ch’ella non sarà maggiore da dovero per aventura, né così viva, per modo di dire, come l’ha dipinta il Pontormo. Dirimpetto all’altare fra le finestre, cioè nella faccia del mezzo, da ogni banda è una fila d’ignudi che presi per mano et aggrappatisi su per le gambe e busti l’uno dell’altro, si fanno scala per salire in Paradiso, uscendo di terra, dove sono molti morti che gl’accompagnano; e fanno fine da ogni banda due morti vestiti, eccetto le gambe e le braccia, con le quali tengono due torce accese. A sommo del mezzo della facciata, sopra le finestre fece nel mezzo in alto Cristo nella sua maestà, il quale circondato da molti Angeli tutti nudi fa resuscitare que’ morti per giudicare. Ma io non ho mai potuto intendere la dottrina di questa storia, se ben so che Iacopo aveva ingegno da sé e praticava con persone dotte e letterate, cioè quello volesse significare in quella parte dove è Cristo in alto, che risuscita i morti, e sotto i piedi ha Dio padre che crea Adamo et Eva. Oltre ciò in uno de’ canti dove sono i quattro Evangelisti nudi con libri in mano, non mi pare, anzi in niun luogo, osservato né ordine di storia, né misura, né tempo, né varietà di teste, non cangiamento di colori di carni, et insimma non alcuna regola, né proporzione, né alcun ordine di prospettiva: ma pieno ogni cosa d’ignudi, con un ordine, disegno, invenzione, componimento, colorito e pittura fatta a suo modo, con tanta malinconia e con tanto poco piacere di chi guarda quell’opera, ch’io mi risolvo, per non l’intendere ancor io, se ben son pittore, di lasciarne far giudizio a coloro che la vedranno; perciò che io crederei impazzarvi dentro et avvilupparmi, come mi pare, che in undici anni di tempo che egli ebbe, cercass’egli di avviluppare sé e chiunque vede questa pittura con quelle così fatte figure. E se bene si vede in questa opera qualche pezzo di torso che volta le spalle o il dinanzi et alcune apiccature di fianchi, fatte con maraviglioso studio e molta fatica da Iacopo, che quasi di tutte fece i modelli di terra tondi e finiti, il tutto nondimeno è fuori della maniera sua, e come pare quasi a ognuno, senza misura, essendo nella più parte i torsi grandi e le gambe e braccia piccole, per non dir nulla delle teste, nelle quali non si vede punto punto di quella bontà e grazia singolare che soleva dar loro con pienissima sodisfazione di chi mira l’altre sue pitture. Onde pare che in questa non abbia stimato se non certe parti, e dell’altre più importanti non abbia tenuto conto niuno. Et insomma, dove egli aveva pensato di trapassare in questa tutte le pitture dell’arte, non arrivò a gran pezzo alle cose sue proprie fatte ne’ tempi a dietro. Onde si vede che chi vuol strafare e quasi sforzare la natura, rovina il buono che da quella gli era stato largamente donato. Ma che si può o deve se non avergli compassione, essendo così gl’uomini delle nostre arti sottoposti all’errare come gl’altri? Et il buon Omero, come si dice, anch’egli tal volta s’adormenta. Né sarà mai che in tutte l’opere di Iacopo (sforzasse quanto volesse la natura) non sia del buono e del lodevole. E perché se morì poco avanti