Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/222

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ad Aristotile, ma all’arte, alla virtù e molto più all’anima, e se vi partirete dall’onesto per alcun vostro sdegno particolare, senza che chi la conosce per buona non biasimerà l’opera, ma il nostro debole giudizio e forse la malignità e nostra cattiva natura. E chi cerca di gratuirsi ad alcuno, d’aggrandire le sue cose o vendicarsi d’alcuna ingiuria col biasimare o meno stimare di quel che sono le buone opere altrui, è finalmente da Dio e dagl’uomini conosciuto per quello che egli è, cioè per maligno, ignorante, cattivo. Considerate, voi che fate tutti i lavori di Roma, quello che vi parrebbe se altri stimasse le cose vostre quanto voi fate l’altrui, mettetevi di grazia ne’ piè di questo povero vecchio, e vedrete quanto lontano siete dall’onesto e ragionevole". Furono di tanta forza queste et altre parole che disse Giorgio amorevolmente a Perino, che si venne a una stima onesta e fu sodisfatto Aristotile, il quale con que’ danari, con quelli del quadro mandato, come a principio si disse, in Franzia, e con gl’avanzi delle sue provisioni, se ne tornò lieto a Firenze, non ostante che Michelagnolo, il quale gl’era amico, avesse disegnato servirsene nella fabrica che i romani disegnavano di fare in Campidoglio. Tornato dunque a Firenze Aristotile l’anno 1547, nell’andare a baciar le mani al signor duca Cosimo, pregò sua eccellenza che volesse, avendo messo mano a molte fabriche, servirsi dell’opera sua et aiutarlo; il qual signore, avendolo benignamente ricevuto come ha fatto sempre gli uomini virtuosi, ordinò che gli fusse dato di provisione dieci scudi il mese, et a lui disse che sarebbe adoperato secondo l’occorrenze che venissero; con la quale provisione senza fare altro visse alcuni anni quietamente, e poi si morì d’anni settanta l’anno 1551, l’ultimo dì di maggio, e fu sepolto nella chiesa de’ Servi. Nel nostro libro sono alcuni disegni di mano d’Aristotile, et alcuni ne sono appresso Antonio Particini, fra i quali sono alcune carte tirate in prospettiva bellissime. Vissero ne’ medesimi tempi che Aristotile e furono suoi amici, due pittori, de’ quali farò qui menzione brievemente, però che furono tali che fra questi rari ingegni meritano d’aver luogo per alcune opere che fecero, degne veramente d’essere lodate. L’uno fu Iacone e l’altro Francesco Ubertini cognominato il Bacchiacca. Iacone adunque non fece molte opere, come quegli che se n’andava in ragionamenti e baie, e si contentò di quel poco che la sua fortuna e pigrizia gli providero, che fu molto meno di quello che arebbe avuto di bisogno. Ma perché praticò assai con Andrea del Sarto, disegnò benissimo e con fierezza, e fu molto bizzarro e fantastico nella positura delle sue figure, stravolgendole e cercando di farle variate, diferenziate dagl’altri in tutti i suoi componimenti: e nel vero ebbe assai disegno, e quando volle imitò il buono. In Fiorenza fece molti quadri di Nostre Donne, essendo anco giovane, che molti ne furono mandati in Francia da mercatanti fiorentini; in Santa Lucia della via de’ Bardi fece in una tavola Dio Padre, Cristo e la Nostra Donna con altre figure, et a Montici in sul canto della casa di Lodovico Capponi due figure di chiaro scuro intorno a un tabernacolo; in San Romeo dipinse in una tavola la Nostra Donna e due Santi. Sentendo poi una volta molto lodare le facciate di Pulidoro e Maturino fatte in Roma e dove fece alcuni ritratti, senza che niuno il sapesse, se n’andò a Roma dove stette alcuni mesi acquistando nelle cose dell’arte in modo che riuscì