Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/221

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palazzo di San Giorgio, dove è la cancelleria, in una di quelle sale mezzane che rispondono in sul giardino, ma in modo, che vi stesse ferma, per poter ad ogni sua voglia e bisogno servirsene. Questa dunque fu da Aristotile condotta con quello studio che seppe e poté maggiore, di maniera, che sodisfece al cardinale e gl’uomini dell’arte infinitamente. Il quale cardinale avendo commesso a Messer Curzio Frangipane che sodisfacesse Aristotile, e colui volendo come discreto, fargli il dovere, et anco non soprapagare, disse a Perino del Vaga et a Giorgio Vasari che stimassero quell’opera. La qual cosa fu molto cara a Perino, perché portando odio ad Aristotile et avendo per male che avesse fatto quella prospettiva, la quale gli pareva dovere che avesse dovuto toccare a lui come a servitore del cardinale, stava tutto pieno di timore e gelosia, e massimamente essendosi, non pure d’Aristotile, ma anco del Vasari servito in que’ giorni il cardinale e donatogli mille scudi per avere dipinto a fresco in cento giorni la sala di Parco Maiori nella cancelleria. Disegnava dunque Perino per queste cagioni di stimare tanto poco la detta prospettiva d’Aristotile, che s’avesse a pentire d’averla fatta; ma Aristotile avendo inteso chi erano coloro che avevano a stimare la sua prospettiva, andato a trovare Perino, alla bella prima gli cominciò secondo il suo costume a dare per lo capo del tu, per essergli colui stato amico in giovanezza. Laonde Perino, che già era di mal animo, venne in collera, e quasi scoperse non se n’aveggendo quello che in animo aveva malignamente di fare. Per che, avendo il tutto raccontato Aristotile al Vasari, gli disse Giorgio che non dubitasse, ma stesse di buona voglia, che non gli sarebbe fatto torto. Dopo trovandosi insieme per terminare quel negozio Perino e Giorgio, cominciando Perino, come più vecchio, a dire, si diede a biasimare quella prospettiva et a dire ch’ell’era un lavoro di pochi baiocchi, e che avendo Aristotile avuto danari a buon conto e statogli pagati coloro che l’avevano aiutato, egli era più che soprapagato, aggiugnendo: "S’io l’avessi avuta a far io, l’arei fatta d’altra maniera e con altre storie et ornamenti che non ha fatto costui, ma il cardinal toglie sempre a favorire qualcuno che gli fa poco onore". Delle quali parole et altre conoscendo Giorgio che Perino voleva più tosto vendicarsi dello sdegno, che avea col cardinale, con Aristotile, che con amorevole pietà far riconoscere le fatiche e la virtù d’un buono artefice, con dolci parole disse a Perino: "Ancor ch’io non m’intenda di sì fatte opere più che tanto, avendone nondimeno vista alcuna di mano di chi sa farle, mi pare che questa sia molto ben condotta e degna d’essere stimata molti scudi, e non pochi, come voi dite, baiocchi; e non mi pare onesto che chi sta per gli scrittoi a tirare in su le carte, per poi ridurre in grand’opere tante cose variate in prospettiva, debba essere pagato delle fatiche della notte e da vantaggio del lavoro di molte settimane, nella maniera che si pagano le giornate di coloro che non vi hanno fatica d’animo e di mane e poca di corpo, bastando imitare, senza stillarsi altrimenti il cervello come ha fatto Aristotile. E quando l’aveste fatta voi, Perino, con più storie et ornamenti, come dite, non l’areste forse tirata con quella grazia che ha fatto Aristotile, il quale in questo genere di pittura è con molto giudizio stato giudicato dal cardinale miglior maestro di voi. Ma considerate che alla fine non si fa danno, giudicando male e non dirittamente,