Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/231

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alcuna delle pitture della tribuna del Duomo, parendogli lavoro straordinario, cioè il bellissimo scorto d’una Madonna che saglie in cielo circondata da una multitudine d’Angeli, gl’Apostoli che stanno a vederla salire, e quattro Santi protettori di quella città che sono nelle nicchie: San Giovanni Battista che ha un agnello in mano, San Ioseffo sposo della Nostra Donna, San Bernardo degl’Uberti fiorentino, cardinale e vescovo di quella città, et un altro vescovo. Studiò similmente Girolamo in San Giovanni Evangelista le figure della cappella maggiore nella nicchia di mano del medesimo Coreggio, cioè la incoronazione di Nostra Donna, San Giovanni Evangelista, il Battista, San Benedetto, San Placido et una moltitudine d’Angeli che a questi sono intorno, e le maravigliose figure che sono nella chiesa di San Sepolcro, alla cappella di San Ioseffo, tavola di pittura divina. E perché è forza che coloro ai quali piace fare alcuna maniera e la studiano con amore, la imparino, almeno in qualche parte, onde aviene ancora che molti divengono più eccellenti che i loro maestri non sono stati, Girolamo prese assai della maniera del Coreggio. Onde, tornato a Bologna, l’imitò sempre, non studiando altro che quella e la tavola, che in quella città dicemo essere di mano di Raffaello da Urbino. E tutti questi particolari seppi io dallo stesso Girolamo, che fu molto mio amico, l’anno 1550 in Roma et il quale meco si dolse più volte d’aver consumato la sua giovanezza et i migliori anni in Ferrara e Bologna e non in Roma o altro luogo, dove averebbe fatto senza dubbio molto maggiore acquisto. Fece anco non piccol danno a Girolamo nelle cose dell’arte l’avere atteso troppo a’ suoi amorosi et a sonare il liuto in quel tempo che arebbe potuto fare acquisto nella pittura. Tornato dunque a Bologna, oltre a molti altri, ritrasse Messer Onofrio Bartolini fiorentino che allora era in quella città a studio, et il quale fu poi arcivescovo di Pisa, la quale testa, che è oggi appresso gli eredi di detto Messer Noferi, è molto bella e di graziosa maniera. Lavorando in quel tempo a Bologna un maestro Biagio pittore, cominciò costui, vedendo Girolamo venire in buon credito, a temere che non gli passasse inanzi e gli levasse tutto il guadagno. Per che, fatto seco amicizia con buona occasione, per ritardarlo dall’operare, gli divenne compagno e dimestico di maniera, che cominciarono a lavorare di compagnia e così continuarono un pezzo. La qual cosa, come fu di danno a Girolamo nel guadagno, così gli fu parimente nelle cose dell’arte: perciò che seguitando le pedate di maestro Biagio che lavorava di pratica e cavava ogni cosa dai disegni di questo e di quello, non metteva anch’egli più alcuna diligenza nelle sue pitture. Ora, avendo nel monasterio di San Michele in Bosco, fuor di Bologna, un frate Antonio, monaco di quel luogo, fatto un San Bastiano grande quanto il vivo, a Scaricalasino in un convento del medesimo ordine di Monte Oliveto una tavola a olio et a Monte Oliveto Maggiore alcune figure in fresco nella cappella dell’Orto di Santa Scolastica, voleva l’abate Ghiaccino, che l’aveva fatto fermare quell’anno in Bologna, che egli dipignesse la sagrestia nuova di quella lor chiesa. Ma frate Antonio, che non si sentiva da fare sì grande opera et al quale forse non molto piaceva durare tanta fatica, come bene spesso fanno certi di così fatti uomini, operò di maniera, che quell’opera fu allogata a Girolamo et