Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/325

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gran maniera, né vaghezza, né grazia, né invenzione, come si è veduto a buon’ora in molti altri che sono nati per essere dipintori, i quali hanno mostro anco ne’ primi principii, facilità, fierezza e saggio di qualche buona maniera. Anzi le prime cose di costui mostrano essere state fatte veramente da un malinconico, essendo piene di stento e condotte con molta pazienza e lunghezza di tempo. Ma venendo alle sue opere, per lasciar quelle delle quali non è da far conto, fece nella sua giovanezza in Volterra a fresco la facciata di Messer Mario Maffei, di chiaro scuro, che gli diede buon nome e gli acquistò molto credito. La quale, poi che ebbe finita, vedendo non aver quivi concorrenza che lo spignesse a cercare di salire a miglior grada e non essere in quella città opere, né antiche, né moderne, dalle quali potesse molto imparare, si risolvette di andare per ogni modo a Roma, dove intendeva che allora non erano molti che attendessero alla pittura, da Perino del Vaga in fuori. Ma prima che partisse, andò pensando di voler portare alcun’opera finita che lo facesse conoscere, e così, avendo fatto in una tela un Cristo a olio battuto alla colonna con molte figure, e messovi in farlo tutta quella diligenza che è possibile, servendosi di modelli e ritratti dal vivo, lo portò seco. E giunto in Roma, non vi fu stato molto, che per mezzo d’amici mostrò al cardinale Triulzi quella pittura, la quale in modo gli sodisfece, che non pure la comperò, ma pose grandissima affezzione a Daniello, mandandolo poco appresso a lavorare dove avea fatto fuor di Roma a un suo casale detto Salone un grandissimo casamento, il quale faceva adornare di fontane, stucchi e pitture e dove apunto allora lavoravano Gianmaria da Milano et altri alcune stanze di stucchi e grottesche. Qui dunque giunto Daniello, sì per la concorrenza e sì per servire quel signore, dal quale poteva molto onore et utile sperare, dipinse in compagnia di coloro diverse cose in molte stanze e logge, e particolarmente vi fece molte grottesche piene di varie feminette, ma sopra tutto riuscì molto bella una storia di Fetonte fatta a fresco di figure grandi quanto il naturale et un fiume grandissimo che vi fece, il quale è una molto buona figura. Le quali tutte opere, andando spesso il detto cardinale a vedere e menando seco or uno or altro cardinale, furono cagione che Daniello facesse con molti di loro servitù et amicizia. Dopo, avendo Perino del Vaga, il quale allora faceva alla Trinità la capella di Messer Agnolo de’ Massimi, bisogno d’un giovane che gl’aiutasse, Daniello, che disiderava di acquistare, tirato dalle promesse di colui, andò a star seco e gl’aiutò fare nell’opera di quella capella alcune cose, le quali condusse con molta diligenza a fine. Avendo fatto Perino inanzi al Sacco di Roma, come s’è detto, alla capella del Crucifisso di San Marcello, nella volta la creazione di Adamo et Eva grandi quanto il vivo, e molto maggiori due Evangelisti, cioè San Giovanni e San Marco, et anco non finiti del tutto perché la figura del San Giovanni mancava dal mezzo in su, gl’uomini di quella Compagnia si risolverono, quando poi furono quietate le cose di Roma, che il medesimo Perino finisse quell’opera. Ma avendo altro che fare, fattone i cartoni la fece finire a Daniello, il quale finì il San Giovanni lasciato imperfetto; fece del tutto gl’altri due Evangelisti, San Luca e San Matteo, nel mezzo due putti che tengono un candelieri, e nell’arco della faccia che mette in mezzo la finestra