Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/328

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Annibale Caro appresso i suoi signori Farnesi, che sempre l’aiutarono. Et a madama Margarita d’Austria, figliuola di Carlo Quinto, nel palazzo de’ Medici a Navona, dello scrittoio del quale si è favellato nella vita dell’Indaco, in otto vani dipinse otto storiette de’ fatti et opere illustri di detto Carlo Quinto imperatore con tanta diligenza e bontà, che per simile cosa non si può quasi fare meglio. Essendo poi l’anno 1547 morto Perino del Vaga et avendo lasciata imperfetta la sala dei re, che, come si è detto, è nel palazzo del papa dinanzi alla capella di Sisto et alla Paulina, per mezzo di molti amici e signori e particolarmente di Michelagnolo Buonarroti fu da papa Paolo Terzo messo in suo luogo Daniello, con la medesima provisione che aveva Perino, et ordinatogli che desse principio agl’ornamenti delle facciate che s’avevano a fare di stucchi con molti ignudi tutti tondi sopra certi frontoni. E perché quella sala rompeno sei porte grandi di mischio, tre per banda, et una sola facciata rimane intera, fece Daniello sopra ogni porta quasi un tabernacolo di stucco bellissimo, in ciascuno de’ quali disegnava fare di pittura uno di quei re che hanno difesa la chiesa apostolica, e seguitare nelle facciate istorie di que’ re che con tributi o vittorie hanno beneficato la chiesa, onde in tutto venivano a essere sei storie e sei nicchie. Dopo le quali nicchie, o vero tabernacoli, fece Daniello con l’aiuto di molti tutto l’altro ornamento ricchissimo di stucchi che in quella sala si vede, studiando in un medesimo tempo i cartoni di quello che aveva disegnato far in quel luogo di pittura. Il che fatto, diede principio a una delle storie, ma non ne dipinse più che due braccia in circa e due di que’ re ne’ tabernacoli di stucco sopra le porte, perché, ancor che fusse sollecitato dal cardinale Farnese e dal Papa, senza pensare che la morte suole spesse volte guastare molti disegni, mandò l’opera tanto in lungo, che quando sopravenne la morte del Papa, l’anno 1549, non era fatto se non quello che è detto; per che, avendosi a fare nella sala che era piena di palchi e legnami il conclave, fu necessario gettare ogni cosa per terra e scoprire l’opera. La quale essendo veduta da ognuno, l’opere di stucco furono, sì come meritavano, infinitamente lodate, ma non già tanto i due re di pittura, perciò che pareva che in bontà non corrispondesseno all’opera della Trinità e che egli avesse, con tanta commodità e stipendii onorati, più tosto dato a dietro che acquistato. Essendo poi creato pontefice l’anno 1550 Giulio Terzo, si fece inanzi Daniello con amici e con favori per avere la medesima provisione e seguitare l’opera di quella sala, ma il Papa, non vi avendo volto l’animo, diede sempre passata, anzi mandato per Giorgio Vasari, che aveva seco avuto servitù insino quando esso pontefice era arcivescovo Sipontino, si serviva di lui in tutte le cose del disegno. Ma nondimeno avendo Sua Santità deliberato fare una fontana in testa al corridore di Belvedere e non piacendogli un disegno di Michelagnolo, nel quale era un Moisè che percotendo la pietra ne faceva uscire acqua, per esser cosa che non potea condursi se non con lunghezza di tempo, volendolo Michelagnolo far di marmo, ma il consiglio di Giorgio, il quale fu che la Cleopatra figura divina e stata fatta da’ Greci si accommodasse in quel luogo, ne fu dato, per mezzo del Buonarroto, cura a Daniello, con ordine che in detto luogo facesse di stucchi una grotta dentro la quale fusse la detta