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190 PRIMA PARTE

(versione diplomatica)


(versione critica)


Croce nella capella di S. Silvestro l’istorie di Costantino con molta diligenza, avendo bellissime considerazioni nei gesti delle figure, e poi dietro a un ornamento di marmo, fatto per la sepoltura di Messer Bettino de’ Bardi, uomo stato in quel tempo in onorati gradi di milizia, fece esso Messer Bettino di naturale armato che esce d’un sepolcro ginocchioni, chiamato col suono delle trombe del Giudizio da due Angeli che in aria accompagnano un Cristo nelle nuvole molto ben fatto. Il medesimo in S. Pancrazio fece, all’entrar della porta a man ritta, un Cristo che porta la croce et alcuni Santi appresso, che hanno espressamente la maniera di Giotto. Era in S. Gallo, il qual convento era fuor della porta che si chiama dal suo nome e fu rovinato per l’assedio, in un chiostro dipinta a fresco una Pietà, della quale n’è copia in S. Pancrazio già detto, in un pilastro accanto alla capella maggiore. Lavorò a fresco in S. Maria Novella alla capella di S. Lorenzo de’ Giuochi, entrando in chiesa per la porta a man destra, nella facciata dinanzi, un San Cosimo e S. Damiano et in Ognisanti un S. Cristofano et un S. Giorgio, che dalla malignità del tempo furono guasti e rifatti da altri pittori, per ignoranza d’un proposto poco di tal mestier intendente. Nella detta chiesa è di mano di Tommaso rimaso salvo l’arco che è sopra la porta della sagrestia, nel quale è a fresco una Nostra Donna col figliuolo in braccio, che è cosa buona per averla egli lavorata con diligenza. Mediante queste opere, avendosi acquistato tanto buon nome Giottino, imitanto nel disegno e nelle invenzione, come si è detto, il suo maestro, che si diceva essere in lui lo spirito d’esso Giotto, per la vivezza de’ colori e per la pratica del disegno, l’anno 1343, a dì 2 di luglio, quando dal popolo fu cacciato il duca d’Atene e che egli ebbe con giuramento renunziata e renduta la signoria e la libertà ai Fiorentini, fu forzato dai dodici Riformatori dello stato, e particolarmente dai preghi di Messer Agnolo Acciaiuoli, allora grandissimo cittadino che molto poteva disporre di lui, dipignere per dispregio nella torre del palagio del podestà il detto duca et i suoi seguaci, che furono Messer Ceritieri Visdomini, Messer Maladiasse, il suo conservadore e Messer Ranieri da S. Gimignano, tutti con le mitere di Giustizia in capo vituperosamente; intorno alla testa del duca erano molti animali rapaci e d’altre sorti, significanti la natura e qualità di lui. Et uno di que’ suoi consiglieri aveva in mano il palagio de’ Priori della città e come disleale e traditore della patria glielo porgeva. E tutti avevano sotto l’arme e l’insegne delle famiglie loro, et alcune scritte che oggi si possono malamente leggere per esser consumate dal tempo. Nella quale opera, per disegno e per esser stata condotta con molta diligenza, piacque universalmente a ognuno la maniera dell’artefice. Dopo fece alle Campora, luogo de’ monaci Neri fuor della porta a S. Piero Gattolini, un S. Cosimo e S. Damiano, che furono guasti nell’imbiancare la chiesa; et al ponte a’ Romiti in Valdarno, il tabernacolo ch’è in sul mezzo murato, dipinse a fresco con bella maniera di sua mano. Trovasi, per ricordo di molti che ne scrissero, che Tommaso attese alla scultura e lavorò una figura di marmo nel campanile di S. Maria del Fiore di Firenze di braccia quattro, verso dove oggi sono i Pupilli. In Roma similmente condusse a buon fine in S. Giovanni Laterano una storia, dove figurò il papa in più gradi, la quale oggi ancora si vede consumata e rosa dal tempo. Et in casa degl’Orsini una sala piena d’uomini famosi et in un pilastro d’Araceli un San Lodovico molto