Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/203

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Era un meeting. Tale fu almeno la supposizione di Fix, ed egli la comunicò al signor Fogg, soggiungendo:

«Noi faremo forse bene, signore, di non frammischiarci a questa calca. Ce ne può incoglier male.

— Sicuramente, rispose Phileas Fogg, e i pugni, per essere politici, non cessano di esser pugni!»

Fix si credette in dovere di sorridere udendo questa osservazione, e, affine di vedere senza essere involti nel tafferuglio, mistress Auda, Phileas Fogg e lui presero posto sul pianerottolo superiore di una scalinata che metteva ad un terrazzo situato di prospetto a Montgommery-street. Dinanzi a sè, dall’altro lato della via, tra la mostra di un mercante di carbone e la bottega di un negoziante di petrolio, spiccava una larga scrivania all’aria aperta, verso la quale le diverse correnti della folla sembravano convergere.

Ed ora, perchè mo’ questo meeting? In quale occasione lo si teneva? Phileas Fogg lo ignorava assolutamente. Si trattava forse della nomina di un alto funzionario militare o civile, di un governatore di Stato, di un membro del Congresso? Era lecito congetturarlo, al vedere l’animazione straordinaria che infervorava la città.

In quel momento, un considerevole movimento si manifestò nella folla. Tutte le mani erano in aria. Talune, solidamente chiuse, sembravano alzarsi ed abbassarsi rapidamente in mezzo ai gridi, — modo energico, senza dubbio, per formulare un voto. Una specie di flusso e riflusso agitava la massa che rifluiva. Le bandiere oscillavano, sparivano un istante e ricomparivano fatte a brani. Le ondulazioni della folla si propagavano fino alla scalinata, mentre tutte le teste si dimenavano alla superficie come il mare improvvisamente scosso