Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/204

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da una tempesta. Il numero dei cappelli neri diminuiva a vista d’occhio, e per la maggior parte sembravano aver perduto la loro altezza normale.

«È evidentemente un meeting, disse Fix, e la questione che lo provocò dev’essere palpitante. Non sarei sorpreso se si trattasse ancora dell’affare dell’Alabama, quantunque esso sia già risolto.

— Può essere, rispose semplicemente il signor Fogg.

— Ad ogni modo, ripigliò Fix, due campioni sono in campo, l’uno di fronte all’altro; l’onorevole Kamerfield e l’onorevole Mandiboy.»

Mistress Auda, al braccio di Phileas Fogg, guardava con sorpresa quella scena tumultuosa, e Fix stava per chiedere ad un vicino la ragione di quell’effervescenza popolare, allorchè un movimento più vivo si pronunciò. Gli urrà, conditi d’ingiurie, raddoppiarono. L’asta delle bandiere si trasformò in arma offensiva. Non più mani: pugni dappertutto. Dall’alto delle carrozze fermate, dagli omnibus arrestati nella loro corsa, era un ricambio indiavolato di stramazzoni. Ogni cosa serviva di proiettile. Stivali e scarpe descrivevano in aria delle traiettorie molto tese, e parve altresì che qualche revolver frammischiasse alle vociferazioni della folla le sue detonazioni nazionali.

La calca si avvicinò alla scalinata e rifluì sui primi gradini. Uno dei partiti era evidentemente respinto senza che i semplici spettatori potessero riconoscere se il vantaggio rimaneva a Mandiboy o a Kamerfield.

«Credo prudente di ritirarci, disse Fix, cui premeva che il «suo omo» non ricevesse qualche mala botta o si cacciasse in un brutto imbroglio. Se in tutto questo ci entra per caso l’Inghilterra e che noi siamo riconosciuti, saremo molto compromessi in una baruffa!